Autore Topic: “Il derby è vita… E poi al 71esimo Lulic fermò il mondo”  (Letto 320 volte)

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“Il derby è vita… E poi al 71esimo Lulic fermò il mondo”
« : Domenica 26 Gennaio 2020, 08:04:55 »
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                           All'interno del libro di Franco Recanatesi presentato in settimana, "I derby della gloria", vi è un intimo racconto di che valore il derby abbia per chi ha i colori biancocelesti nel cuore. Fra le prefazioni vi è infatti la seguente, a firma Alessandro Zappulla:



"Vivo da oltre 40 anni in questa città e da quando i ricordi mi assistono, non posso che distinguere una divisione assoluta del credo calcistico di Roma. Compartimenti stagni che coesistono e si sfiorano, ma che mai e poi mai si fondono. Stili differenti, per cosi dire opposti, che sfociano spesso in un diverso vivere sociale. Lazio e Roma hanno in un certo senso spaccato l’ottica di questa città. Lo stile capitolino raffinato del laziale, contrapposto a quello guascone e scanzonato del romanista. Una divergenza di concezioni che ti contrappone dinanzi ad una scelta sin da bambino. Giallorosso o Biancoceleste, sud o nord, esuberanza o stile, Sudamerica o Gran Bretagna, l’assonanza con la città o la grandezza della regione, il fascino della tendenza o la maestosità della storia. Una scelta importante, profonda, che sin dall’infanzia ti trascina in quel campo minato di nome derby. Io la mia scelta la feci sin subito, ispirato da una ‘fede’ di origine familiare e motivato dalla mia indole battagliera. Il cammino che mi ha condotto a quel che sono oggi, un giornalista di parte, che racconta in modo viscerale la Lazio, inizia da lontano. Per me essere della Lazio ha significato molto e tanto significa ancora adesso. Saltare in un lato della barricata calcistica capitolina e sposare un credo ha rappresentato una vera e propria condotta di vita. Oltre a quella scelta di campo che ho appena cercato di spiegare, diventare della Lazio è stato un atto di coraggio. Ho sempre pensato infatti, che sarebbe stato semplice accodarsi al mainstream dei “tanti contro pochi” o della moda contrapposta ad una scelta di pensiero. Io, come ogni laziale, della mia lazialità vado fiero e in ogni derby è come in una chiamata alle armi a difesa di tutto ciò. Vogliate scusarmi per questo discorsivo preambolo, che ho ritenuto indispensabile per trasmetter quell’attimo eterno chiamato derby. Quella sfida per me è sempre significata una resa dei conti che buca anche l’implacabile legge del tempo. Derby è per sempre: derby è un confronto passato, per una rivalità mai sopita, derby è una sfida presente per una leadership mai assegnata e soprattutto derby è un duello per il futuro, alla ricerca degli obiettivi da raggiungere. Ecco perché nei miei ricordi i derby si affollano e si sovrappongono, rischiando di rimanere indelebili soltanto per pochi attimi. Proprio come le emozioni che svaniscono in un bagliore di travolgenti sensazioni. Come il gol di Montella sotto la Nord, dove io da giovane tifoso, bloccai il respiro. Eh si perché quello era l’anno 2000 e in quell’anno la storia di Roma doveva dire Lazio. E allora quella beffa non poteva durare troppo a lungo. Quel bastone fra le ruote andava rimosso. E così la memoria abbraccia la gioia targata Nedved e Veron. Quel 2-1 ci spinse avanti per lo scudetto e ci elevò in cima alla città. Ma il derby passa per Chinaglia, per Gascoigne, attraversa le magie di Signori, per cadere nelle onte delle sconfitte, nella rabbia delle contestazioni, negli anni dei digiuni, sino ad arrivare finalmente a destinazione. Quella stracittadina che si veste da sfida delle sfide. Il duello, la battaglia, la resa dei conti: quello che tutti ricorderemo come il giorno di Lulic: quello del 26 maggio 2013. Eccolo il mio derby a cui rimango affezionato. Quello che più di tutti “non ricordo”. Quello per cui la memoria mi ha concesso solo pochi attimi: i più decisivi, i più concitati, i più vivi. Il 71’ minuto della sfida delle sfide e null’altro di quella gara. Una coppa griffata derby, che per 90 minuti ha rappresentato il senso della ‘vita’ in questa città. Un confronto vinto contro la boria di chi ha sempre sognato di affossarti in una finale di coppa. Una vittoria giunta per caparbia e abnegazione, a discapito di chi ha edificato ponti sulla propria presunta superiorità calcistica. Un successo che ho raccontato, che ho vissuto, che ho sudato, come e quasi più di chi ha corso e vinto sul campo. Un derby consumato da cronista, ancor oggi quasi incredulo per l’epilogo vissuto. Riavvolgo spesso il nastro di quegli istanti, con il timore che si inceppi qualcosa e che il lieto fine si cancelli, si modifichi. Ma stavolta no. Il tempo, la storia e il calcio sono dalla nostra parte. E allora ve lo ricordo quel momento e ancora una volta ve lo voglio raccontare. Era il 71esimo: “Mauri trequarti di campo, Mauri, Mauri, Mauri, palla per Candreva, palla in mezzo, O Mio Dio….. Gol, Gol, Gol…. Gol Senad Senad Senad Lulicccc: Lazio 1, Lazio 1, Lazio 1 – Roma Nienteeee”. Il derby è vita."


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