Autore Topic: Dalla Lazio al quotidiano, il Covid-19 spezza i sogni, uccide e spaventa: ma non può vincere  (Letto 356 volte)

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                           La vita è un mosaico di istanti, di segnali. Poco più di un mese fa l'infezione da coronavirus era percepita come lontana. Le giornate andavano via frenetiche, animate da passioni ricche di progetti. La Lazio sfidava le grandi pensando solo alla Champions. Il calcio era sempre l'iceberg dei nostri weekend. Oggi 8 marzo la trasformazione è praticamente totale. Un vento di terrore ha spazzato via o quasi la memoria di un giorno che onora da sempre il lato femminile della nostra esistenza. Il COVID-19 uccide e spaventa, aggredisce il nostro futuro, mette a repentaglio il presente. Segnali, istanti, momenti, di una domenica anomala, come stravagante è ormai il vivere oggi. Campionato contagocce, calcio sottovoce, messo in discussione anche stavolta, nel giorno dei recuperi blindati appena terminati. Vivere in quarantena: un ossimoro per Noi popolo di Santi, poeti e navigatori. Eppure siamo obbligati a non abbracciarci, ad evitare il bacio dai cari, la mano degli amici, il contatto con i colleghi. Il surreale che si materializza, come nelle più apocalittiche previsioni cinematografiche. Segnali, attimi di vita che scorre lenta, assai più del consueto. Come l'economia già agonizzante, che annaspa come un naufrago in alto mare. Momenti di quotidianità filtrata e consumata attraverso mascherine asettiche e guanti isolanti. Esistenza celofanata, incartata e sigillata, da vivere in differita di qualche secondo, rigorosamente via satellite. Il Coronavirus ha piantato tutto. Ha bloccato scuole, represso sogni, soffocato ambizioni, sacrificato il mondano sull'altare di un unica preghiera: la salvezza per sé e per i propri cari. Il calcio, la Lazio, l'alta classifica: ridotti ai margini, con timidi discorsi su tabelle di calcolo e possibili scenari futuri spezzati. La vita è un mosaico di istanti, di segnali, che pure in questi giorni non dimenticano la speranza. Il tepore di una domenica di marzo, i bambini che ancora giocano, la fila ordinata fuori dalla pasticceria, per godere qualche attimo di una normalità terribilmente lontana. Vite segnate e ferite, colpite e incredule, ma ancora tanto desiderose di domani. 


La paura non può vincere. Ecco perché fra vademecum sanitari e precauzioni da seguire alla lettera, resta forte il bisogno di sperare. L'odore dei fiori, la primavera più attesa di sempre, il calcio, la Lazio, l'alta classifica, le vacanze da programmare, il futuro. "Ci sono sempre mille soli al di là delle nuvole" recita un adagio indiano. Niente è nessuno potrà mai spegnerli. Crediamoci tutti.


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