Autore Topic: Campionato fermo, il precedente della Seconda Guerra Mondiale: il calcio però non si fermò del tutto  (Letto 409 volte)

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                I campionati di calcio in Italia sono tutti fermi. È una situazione eccezionale che ha avuto pochissimi precedenti nella storia, seppur declinati in maniera diversa. Delle vicende legate al campionato sospeso del 1914/15 abbiamo già avuto modo di parlare, oggi gettiamo una sguardo su un altro periodo nel quale il calcio, in Italia, si è quasi fermato per un breve periodo. In particolare andiamo a vedere cosa è accaduto nel tragico anno 1943.

IL MONDO IN GUERRA - Come bene sappiamo, nella seconda metà degli anni '30 del XX secolo Hitler mette in atto una serie di azioni sullo scacchiere internazionale che vanno dall'Anschluss dell'Austria all'annessione di vasti territori della Cecoslovacchia, ratificata dall'accordo scaturito dopo la Conferenza di Monaco. L'Europa in entrambi i casi ha sempre detto “sì” ma quando la Germania volge lo sguardo alla Polonia gli europei, inglesi e sovietici in testa, decidono di farsi sentire e di opporsi. Il controllo della Polonia è talmente strategico che non si può lasciare libertà di manovra ai tedeschi, ed è così che la mattina del 1° settembre del 1939 le forze tedesche entrano nel territorio polacco per un'operazione di polizia – così definita nel discorso pronunciato da Hitler – dalla quale due giorni dopo scaturisce, in risposta, la dichiarazione di guerra di Francia e Gran Bretagna alla stessa Germania. Così ha inizio quella che passa alla storia come Seconda guerra mondiale. L'Italia già dal maggio 1939 si era formalmente legata alla Germania con la firma del “Patto d'Acciaio e dopo un primo periodo di “non belligeranza” il 10 giugno del 1940 Mussolini aveva dichiarato guerra a Francia e Gran Bretagna entrando così nel conflitto. Se è vero che la guerra italo-francese dura appena lo spazio di 14 giorni, sino alla firma dell'armistizio del 24 giugno, ben più lunga e dolorosa è la guerra contro la Gran Bretagna e gli Alleati.

IL CAOS DOPO L'ARMISTIZIO - La guerra italiana è drammatica. Anello debole della catena bellica nazista, l'Italia dopo la disfatta nordafricana mostra al mondo la sua impreparazione a sostenere una guerra. Gli Alleati sfruttano questo punto debole dei piani di conquista di Hitler e aprono il fronte italiano, facendo saltare definitivamente il sistema fascista. Il 25 luglio del 1943 viene dimissionato Benito Mussolini, ma è con la pubblicazione dell'armistizio l'8 settembre che il Paese precipita nel caos. Gli Alleati entrano a Napoli, i nazisti invadono dal nord, il Governo Badoglio dichiara guerra alla Germania e a Roma la Resistenza antifascista si costituisce nel Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.) mentre Mussolini, dopo essere stato liberato dai nazisti, proclama la Repubblica Sociale Italiana. La Penisola viene tagliata in due dalla Linea Gotica, con le principali vie di collegamento distrutte dai continui scontri e bombardamenti. 

IL CALCIO IN ITALIA NON SI FERMA - Il 25 aprile 1943 a Bari il Torino, grazie ad una rete di Mazzola, vince lo scudetto precedendo di un punto il Livorno e successivamente si aggiudica anche la Coppa Italia battendo il 30 maggio in finale il Venezia. Terminata quindi la stagione i pensieri sono già tutti rivolti all'organizzazione del nuovo campionato che, per le ovvie contingenze belliche, si decide di organizzarlo su base regionale, ma ciò che accade in luglio spariglia per sempre le carte. Nell'estate del 1943, dopo le finali di serie C, il calcio italiano piomba anch'esso nel caos, molti calciatori cercano rifugio nei paesi di origine o dove capita, le società si sfaldano ma – pare quasi incredibile – non scompare. Si riduce quasi al nulla, ma il calcio non si ferma del tutto. Mario Zappa per La Gazzetta dello Sport a inizio settembre del 1943 aveva modo di scrivere un articolo nel quale spiegava come a differenza degli anni precedenti, tutto era ancora sospeso, senza i raduni di giocatori nelle sedi delle società e senza i primi allenamenti. Eppure, come bene hanno rilevato Antonio Papa e Guido Panico “L'Italia fu uno tra i paesi attraversati dalla guerra in cui la continuità del football ebbe modo di manifestarsi con maggiore evidenza”. I mesi senza calcio in Italia sono stati pochi e a differenza di quanto si possa pensare solo agosto e settembre, se è vero che nei mesi successivi alla caduta del regime fascista la Federcalcio, ancora controllata dalla repubblica di Salò, dopo aver spostato la sua sede da Roma a Venezia e quindi a Milano, per il 1944 organizza un “campionato di guerra” che si sviluppa su base locale nell'alta Italia e che alla fine – luglio 1944 – verrà vinto dalla squadra dei Vigili di La Spezia. In realtà già con gli inizi di ottobre del 1943 riprendono a giocarsi incontri di football nei principali centri del nord Italia: tra le altre vanno senz'altro menzionate le manifestazioni calcistiche di Busto Arsizio con la Coppa Boniforti e il Torneo di Parma. Con il 1944 si gioca, come detto, il campionato Alta Italia che inizia il 2 gennaio con le eliminatorie della Zona Veneto e che si protrae sino al luglio del 1944 con le finali. Poi più nulla, o quasi. Brevi tornei, poche amichevoli: la semi paralisi dei trasporti e la rottura dell'unità federale con la FIGC a Milano e l'organizzazione del calcio al sud affidata a Fulvio Bernardini, comportano un ritorno ad un'organizzazione pionieristica con tornei regionali e locali: tra gli altri, a Genova nei primi mesi del 1945 si gioca la Coppa Città di Genova, a Roma la seconda edizione del campionato romano vinto questa volta dalla Roma e a Torino dal febbraio all'aprile del 1945 si disputa il Torneo FIAT.

Tornei sporadici, amichevoli: manca il campionato ufficiale ma ciò che non scompare è il gioco del calcio, anche tra le macerie di una guerra devastante. Anzi, come sempre rilevato dagli storici Panico e Papa la vittoria nel 1944 della squadra dei Vigili del Fuoco di La Spezia con il  modulo adottato dal loro allenatore Barbieri detto “mezzo sistema”, dimostra come anche in tempo di guerra, anche sotto i bombardamenti e nelle difficoltà oggettive nelle quali versava la popolazione, in Italia non si era bloccata l'evoluzione della cultura calcistica.

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