Autore Topic: Dove andremmo a finire senza l’Europa?  (Letto 442 volte)

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Dove andremmo a finire senza l’Europa?
« : Venerdì 10 Aprile 2020, 22:08:33 »
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Dopo due giorni di stallo, al  termine della seconda riunione in videoconferenza, l’Eurogruppo ha varato una serie di misure capace di fronteggiare la crisi da Covid-19. Per sintetizzare di cosa si tratti, è stata trovata una formula efficace: "Ambiguità costruttiva", qualcosa che può far dire a tutti gli Stati dell’ UE e ai due fronti Europa Sud - Europa Nord: "E’andata come volevamo noi".



Ha ragione il Commissario Europeo all’economia Gentiloni: "Mai l’Europa aveva varato una manovra simile per quantità e impegno economico finanziario". Hanno ragione gli Olandesi: "Non ci sono gli Eurobond", ovvero la mutualizzazione di una nuova emissione di bond, secondo la quale tutti i Paesi si sarebbero dovuti accollare garanzie con relativi tassi. I tassi sarebbero stati assai bassi e stabili, ma li avrebbero pagati in forma maggiore anche quegli Stati (Olanda, Germania, Finlandia…) che attualmente li pagano molto meno o addirittura vengono pagati (tassi negativi come la Germania) per piazzare i propri titoli pubblici.



Il fronte Europa Sud incassa la possibilità di far ricorso al MES (Fondo Salva Stati) in versione senza particolari restrizioni (le cosiddette 'condizionalità', come era avvenuto per la Grecia) e pesanti costi, ma questi contributi possono essere utilizzati solo per impegni 'medici', strettamente legati a scopi sanitari. L’Italia potrebbe disporne per circa 35 miliardi di Euro. In più, partirà un finanziamento, detto Sure, per 100 miliardi destinato alle casse integrazioni di tutti i Paesi. La BEI (Banca Europea Investimenti, da non confondere con la BCE), espressione di tutti i Paesi UE, fornirà alle banche garanzie tali da poter erogare prestiti per un totale di 200 miliardi alle varie imprese delle nazioni europee. Gli Eurobond (ovvero emissione di prestito pubblico con denaro fresco, garantita dall’Europa) restano comunque sul tavolo con un alleato importante come la Francia, e saranno ridiscussi a breve.   Ma non dobbiamo scordarci quello che è sembrato acquisito, dalla nostra come da altre opinioni pubbliche, con troppa facilità e disinvoltura: la BCE comprerà titoli pubblici dei vari Paesi europei, da qui alla fine dell’anno, per 750 miliardi (aumentabili a oltre mille miliardi), col risultato di tenere basso lo spread italiano, ovvero gli interessi che paghiamo per il nostro debito. Gli Olandesi e i Tedeschi possono ben dirsi contenti perché non sono stati ancora approvati né eurobonds, né coronabonds (la stessa cosa, ma previsti una tantum), però - ci domandiamo: cos’è se non mutualizzazione del debito l’acquisto massiccio, partecipato da tutti, di bond nazionali da parte della BCE? La BCE compra titoli e in misura molto maggiore di quanto previsto, indirettamente anche per conto dei Tedeschi e degli Olandesi e così facendo permette a Paesi come Italia, Spagna, Portogallo di finanziarsi e far ripartire le proprie economie, pagando tassi molto più bassi rispetto a una domanda lasciata ai venti liberi della fluttuazione del mercato. Siamo a un Draghi 2, con buona pace di chi voleva riporre l’ex Presidente della Banca Centrale Europea in soffitta.



Insomma è tutta l’Europa che acquista in buonissima parte, senza speculazione, il debito italiano. Un risultato che sia Conte, sia Gualtieri non hanno saputo vendersi come avrebbero potuto e che senza un’azione congiunta del governo italiano (ma anche spagnolo, portoghese, greco e francese) Europa Unita non sarebbe stato possibile. E mentre le varie polemiche di bandiera sul MES rimangono marginali (non si tratta del MES ortodosso e probabilmente l’Italia non vi ricorrerà) c’è da chiedersi cosa sarebbe successo, in questo scenario apocalittico, se avessimo le tanto rimpiante, da qualcuno, lire. Avremmo un'inflazione a due cifre, più vicina al 50 che non al 20% (fu questa la percentuale che subimmo alla fine del secolo scorso) di stampo argentino, con relativa svalutazione e crollo del potere d’acquisto, con costi d’importazione delle materie prime (l’Italia è un Paese che trasforma) esorbitanti, con le nostre industrie in liquidazione, prede dei detentori di monete forti. Saremmo padroni e sovrani d’una grande, grandissima quantità di banconote che non varrebbe niente. O quasi.



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