Autore Topic: Lazio, Doll  (Letto 330 volte)

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Lazio, Doll
« : Domenica 12 Aprile 2020, 08:00:11 »
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                           Thomas Doll, il centrocampista delle due Germanie. Ventiquattro anni in quella dell'Est, uno in quella dell'Ovest. Nel suo cuore, però, uno spazio è riservato a Roma, e alla Lazio, s'intende. Acquistato dal presidente Calleri, che lo prelevò dall'Amburgo nell'estate del '91, con la Capitale è amore al primo sguardo: "La cosa che mi è piaciuta dal primo momento è il calore delle persone. Bel clima, bella gente, ho conosciuto la vostra cucina. Non ho mai mangiato così bene. Poi a quei tempi in Italia giocavano i migliori calciatori del mondo, ho imparato tante cose". Un ragazzo espansivo, con un carattere molto aperto, "poco tedesco, molto italiano", che non fatica a conquistare il cuore dei tifosi: "Ho sempre avuto un buon rapporto con i sostenitori della Lazio, mi dedicavano dei cori, mi avevano ribattezzato 'Fantomas'. Se giochi bene ti amano, se non giochi bene ti fischiano. Io ero nel momento più bello della mia carriera, ero in forma". Furono i numerosi infortuni a compromettere il rendimento, e la permanenza di Doll a Roma. Ed è lui stesso che, ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it, parla di questi come del suo grande rimpianto: "Mi ricordo il primo, tre o quattro giorni prima del derby. Lì sono cominciati tutti i problemi, sono stato tre mesi fuori. E anche quando sono tornato, continuavo a non essere al massimo della condizione".



TRA ZOFF E ZEMAN - Stagioni, quelle vissute all'ombra del Colosseo, in cui il centrocampista di Malchin conosce da vicino due dei migliori tecnici italiani di sempre. Si tratta di Dino Zoff e Zdenek Zeman. Doll ne ha delinato differenze e punti in comune: "Zeman è stato uno dei primi in Italia a introdurre nuovi movimenti in attacco, esercizi con la palla, ha cambiato le posizioni. Era una persona che ha pensato tanto a come migliorare il reparto offensivo delle proprie squadre. Zoff era molto bravo con i giocatori. Zdenek era un po’ più lontano, come la vecchia generazione degli allenatori. Anche Dino non parlava tanto, ma ognuno sapeva cosa fare. Mi ricordo il ritiro in Svizzera con Zeman. Mangiavamo solo un po’ di zuppa, verdure e forse una patata. Gazza perse tanto peso perché non potevamo mangiare e correvamo come pazzi (ride, ndr). Ogni giorno ci veniva controllato il peso. Erano due grandi allenatori. Quando i tifosi erano contro Dino, è rimasto tranquillo, non ha mai risposto male, è stato sempre un gentleman. Aveva una tranquillità dentro di sé".



GAZZA, UNA STORIA DA ROMANZO - "Avrebbero potuto scrivere un libro su Gascoigne". Così esordisce il tedesco appena si pronuncia il nome "Gazza". Un dualismo, quello tra i due ex Lazio, vissuto con il sorriso e un pizzico di sana competizione: "Paul era un ragazzo simpatico, a cui piaceva aiutare gli altri, soprattutto i più giovani. Faceva degli scherzi incredibili. Non aveva un carattere “inglese”, quando faceva qualcosa, non sapevi che ti sarebbe potuto accadere. Era una persona in gamba. Avevo un buon rapporto con lui, anche se giocavamo nello stesso ruolo. Decideva il mister chi mandare in campo, io non ho mai avuto problemi. Eravamo amici, conservo bei ricordi". 



AMORE A DISTANZA - Non sono stati sufficienti venticinque anni e migliaia di chilometri di distanza per far dimenticare a Doll la sua Lazio. L'ex calciatore continua a seguirla e a tifare per lei: "La squadra sta facendo bene, lotta per vincere il campionato. Non so come finirà la stagione, ma i biancocelesti stavano andando alla grande. Inzaghi ha trovato il suo sistema, il suo gruppo, con Immobile, un attaccante che fa tantissimi gol. Per i laziali sono molto felice, dopo tanti anni hanno la possibilità di vincere lo Scudetto. Spero di rivedere la Lazio in Champions League, sarebbe bellissimo". Indelebili, infine, i ricordi legati al derby della Capitale: "Credo che come pressione, come stress prima della partita, come atmosfera, quello di Roma sia il più sentito al mondo. Forse insieme a quello tedesco tra Dortmund e Schalke. Qualche volta sono venuti anche i tifosi in ritiro, il capo ultras voleva parlarci, voleva motivarci, voleva farci capire quanto fosse importante quella partita. Ho la fortuna di non averlo mai perso, credo non sarebbe stato possibile uscire in città per le due settimane seguenti. Era bello, pelle d’oca prima e dopo un’atmosfera davvero incredibile".

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