Autore Topic: Laziomania: Scudetto del 2000, io non c'ero  (Letto 392 volte)

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Laziomania: Scudetto del 2000, io non c'ero
« : Giovedì 14 Maggio 2020, 12:03:35 »
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                    Io non c'ero. Non posso dire diversamente, il 14 maggio del 2000 non ero sul prato dell'Olimpico, appeso al gol di Calori. Il 14 maggio del 2000 io ero con il signor Bruno, attaccato alla radiolina, con il cuore acceso di 13enne (o giù di lì). Il 14 maggio del 2000 tutti a gran voce si aspettavano il solito epilogo, la solita Juve vincente, la solita "sòla", un concetto molto caro ai romani, che un po' per anni ha contraddistinto il rapporto con il Nord, calcistico e non. A Roma era stato già celebrato il funerale del calcio, l'Olimpico era pieno lo stesso. Taibi si tuffa male sul rigore di Inzaghi. Tutti si aspettavano il solito epilogo: Beniamino, il guru del pessimismo e della lazialità vera, quella ironica e profonda, con cui andavamo sempre allo stadio, si era pronunciato da settimane. Tutto si sarebbe risolto in un grande dolore. Maggiore la speranza, maggiore il dolore. Amen.



Tutti in fondo, però, in una scatolina nascosta, dalla grande rimonta, dal gol di Simeone a Torino, avevano ricavato una piccola gemma di consapevolezza, seppellita ovviamente sotto la scaramanzia. Stankovic, anni dopo, dirà che "Dio quel giorno è stato laziale". Sicuramente era racchiuso in quella piccola, insignificante, ma coccolata speranza. 

 Lo zio Roby, altro grande tifoso della Lazio, posto dietro zio Beniamino in macchina, non so se credeva in Dio, ma sicuramente credeva in Inzaghi. Ci ha sempre creduto, penso più di Inzaghi stesso, in questo attaccante dinoccolato e scalpitante, che avrebbe scritto la storia della Lazio da allenatore 20 anni dopo. Ci ha creduto pure negli ultimi anni di carriera, un po' tristi, con poche presenze. Fino al giorno dell'ultimo suo gol in carriera all'Olimpico, prima di pensare alla panchina, quando si è girato verso di noi, gridando: "Hai visto, hai visto, ha segnato Simone Inzaghi, lo dicevo io". Lo dicevo io, una delle frasi più belle da urlare allo stadio. 

Io non c'ero.  Ero con il signor Bruno, laziale da non so quante generazioni. Anche a casa sua vedevo le partite: una casa antica vicino Via Prenestina. Calcio e risate, l'ascesa di quella Lazio del 2000 l'abbiamo vissuta ridendo anche con lui e il fratello. Il signor Bruno ad un certo punto ha alzato la radio, e nel diluvio di Perugia, ad un'incrocio, fermi, fuori dalle macchine, Materazzi ha lanciato verso il cielo l'ultimo pallone, quello del triplice fischio. Io non c'ero all'Olimpico, il cuore mi ha fatto un rumore sordo, STOCK, come se si fosse infilato in un dedalo di destini incrociati che non poteva nemmeno afferrare. Il signor Bruno ha aperto il sorriso come se fosse un ombrello, capace di ripararlo e riparare la Lazio dall'anno precedente, da Valencia, dai torti, dal futuro sull'orlo del baratro. Io non c'ero mentre la gente strappava zolle di erba e pianto dall'Olimpico in delirio, mentre la festa si spostava negli spogliatoi. Non c'ero, il mio Scudetto del 2000 è privato, ristretto. Era il clacson furibondo in una Roma silenziosa, con più di mezza città lacerata dalla rivalità sportiva, e l'altra fuori, in festa. 
 Io non c'ero all'Olimpico, ho sentito al telefono il nonno. Lui che aveva fatto l'abbonamento alla figlia "Aquilotto" l'anno dopo, nel 1974/1975. In Curva, e ancora conserva gelosamente quel pezzo di carta obliterato sui lati. E tutti i biglietti, sotto una teca di vetro. Con lui ci chiudevamo in quei bar fumosi e pieni di avventori che davano le partite delle 15, sempre con qualche infiltrato, sempre con qualche lezione di vita da elargire. Io non c'ero, ma di quella Lazio ricordo Attilio Lombardo. Il nostro vicino di posto diceva di lui: "è un uomo spogliatoio". E detestava Inzaghi. Ricordo Diego Pablo Simeone, quel gol in volo al vecchio Delle Alpi, in anticipo su Iuliano. Avevo un debole per Fernando Couto, speravo di diventare come lui, non sapevo facesse praticamente una rissa a settimana, ad ogni partitella. Non sono diventato come lui, peccato.

 Se guardo allo Scudetto del 2000 io non c'ero allo stadio Olimpico, no. Ma il calcio ha una specie di alchimia misteriosa, straniante: crea un ricordo collettivo indistruttibile, che lega le persone per sempre. Nella gioia e nel dolore, fino alla fine, domenica dopo domenica. Questo ci stiamo perdendo. 

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