Autore Topic: Caro Arch,  (Letto 1231 volte)

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Offline Frusta

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Caro Arch,
« : Sabato 16 Maggio 2020, 19:22:19 »
Caro Arch,
riprendo (ri)scriverti la mail che  volevo mandarti in risposta agli auguri del primo maggio e che come t’ ho detto è evaporata insieme al black-out brianzolo di questa primavera che la manda giù senza misericordia come se ("ncima allo cotto l’ acqua vollita" come diceva la mia nonna ciociara) non ci fosse già il virus a fracassarci i coglioni, e più o meno cercando di ricordarmela, ricomincio da quando, notti fa, saltabeccando col telecomando in mano fra un canale e l’ altro in cerca di un film che mi conciliasse il sonno, mi sono imbattuto in Fanteria Dello Spazio, et voilà: consapevole dell’ abilità indiscussa del cinematografaro medio di trarre noiosissimi film perfino da romanzi avvincenti, mi sono subito disposto al sonno, che infatti, già dai titoli di testa, è arrivato veloce come una cutrettola e silenzioso come un guerriero apache.

Quindi so che non mi chiederai del film perché sai che se me lo chiedessi non saprei che dirtene, dal momento che quando uno dorme, dorme, se sa.

Però il romanzo di Heinlein me lo ricordo eccome, e poiché durante il sonno si sogna ed i ricordi affiorano che è una bellezza, m’ è apparso nel sogno il ricordo del passo in cui il tetragono colonnello Dubois, Colonnello per eccellenza, brutalmente prendeva per un orecchio il lettore medio americano degli anni cinquanta e lo poneva, in bilico sul filo della stessa incertezza che aveva portato alla tomba quella benedett’ anima dell’ asino di Buridano, davanti a due cose parimenti appetibili: la felicità è un diritto inalienabile come recitava la Costituzione, o, semplicemente, un fatto da ribadire?

Le parole esatte non me le ricordo ma il concetto era chiaro, e stentoreo il tono del Colonnello:

“Assegnare alla ricerca della felicità il valore di diritto all’interno della Costituzione Americana fu un esercizio di sterile dialettica.
La ricerca della felicità non è un diritto, ma un fatto. Potete prendere un individuo, rinchiuderlo in una prigione e torturarlo ogni giorno ma questo non gli impedirà di ricercare la felicità, al massimo gli impedirà di trovarla, ma non di cercarla.
Ergo se la mera ricerca della felicità non può essere impedita, la sua fattualità non può essere nemmeno garantita, dal momento che è necessario cercarla”.


“Ingenuo d’ un soldato!”

Mi volte e (cazzo!) finalmente, dopo averla descritta esattamente com’era senza mai vederla,
...
mi appare e la vedo esattamente com’ era quando l’avevo descritta: Myriam, due occhi fosforescenti, una cascata ribollente e lampeggiante fulmini e saette di capelli rossi ed un corpo da peccato mortale.

“Ingenuo d’ un soldato che solo in parte vede l’ ingenuità della sua Costituzione!
Esiste un mezzo che può sia annullare il diritto alla felicità che impedirne la fattualità: il senso di colpa.
Oltre al diritto alla vita, alla libertà ed alla ricerca della felicità, nella Costituzione andava aggiunto il diritto del popolo di vedersi abolito per decreto il senso di colpa.
Perché nel momento in cui hai convinto qualcuno che la felicità sia qualcosa di sporco o peccaminoso e che il suo raggiungimento sia tutto sommato assimilabile a quello di un lercio peccato di sporca lussuria, lo hai condizionato alla rinuncia della ricerca la felicità, facendogli addirittura riconoscere come positiva (maledetto retaggio cristiano!) solo una realtà di sofferenza!”


Ecco, mò vaje a da’ torto, Arch.

E infatti mentre lei parlava io già mi andavo configurando come sarebbe migliorata pure la nostra Costituzione con quella piccola aggiunta:
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro e sulla abolizione di qualsiasi senso di colpa indotto da chi ha fatto accettare al detentore della sovranità, e cioè al popolo, il fatto che sia solo colpa sua se vive una vita di merda.”
In effetti suona meglio, non c’ è che dire.
Poi si è rivolta verso di me che dormivo seduto come in genere si dorme davanti alla tivvù, mi si è messa a cavalcioni sulle ginocchia (tra l’altro facendomi ribollire tutto quel poco che ancora mi resta di ribollibile) e mi ha detto quanto segue:

“Caro Frusta, come avevi promesso a quei quattro gatti che hanno avuto la pazienza di leggerti, ho deciso di rinascere e sono tornata (per l’ ultima volta però, eh? E’ che non tanto per la seccatura di nascere quanto per quella di morire che mi sono stufata) e nel breve tempo che vivrò nella tua capoccia mentre stai dormendo davanti ad un film di cui non te ne frega nulla, ho pensato di farlo perseguendo l’ unico diritto che voglio riconoscermi: il diritto alla ricerca della felicità.
E per farlo, ho deciso di rinascere concepta sine una macula originalis: quella del senso di colpa.
E, dato che tutta sta fregola di rinascere non ce l’ avevo ma lo sto facendo solo perché mi stai sognando tu, estendo a te e ad Arch che ti sta leggendo in questo momento il medesimo diritto!"


Quindi, caro Arch, è sancito dalla nuova Costituzione: tu non sei colpevole di niente, et in nomine Myriam, ego non te absolvo perché non hai nulla da farti assolvere.
La sofferenza non può purificare né pulire perché è fatta di merda, e la merda, che io sappia, non ha mai pulito nessuno. Può solo costringerlo ad una vita di merda.

E a questo punto, forse per ringraziarmi del fatto che in fondo il suo creatore ero io,  o forse perché trovandosi a cavalcioni sulle mie ginocchia stava nella posizione più adatta per farlo, mi ha puntato contro i suoi fari allo iodio, mi ha avvolto con la sua cascata di capelli incandescenti, ha stampato le sue labbra sulle mie e ci ha fatto saettare dentro la sua lingua tentatora.
E io che dovevo fa?  :P Ho corrisposto. 
E fu così che nel sogno, a 71 anni suonati a gloria e che non vedo l’ ora che arrivi l’ 11 novembre pe’ falli diventà 72, addormentato come un ciocco davanti alla tivvù, m’ è toccato famme la più grande trombata della mia vita.

Prima di salutarmi, evaporando nel dormiveglia che in questi giorni di clausura m’ accompagna dalla poltrona del salotto al sonno della camera da letto, la fosforoincandescente diavolessa mi ha sibilato in un orecchio:
“Scrivi ad Arch, e digli che al prossimo abbiocco che se fa davanti alla TV tocca a lui!”

E poi, prima che evaporasse del tutto ha aggiunto:
"E non mandarglielo a dire in pvt, scrivigli in pubblico  :D così che possa considerarsi libero da complessi di colpa e da inutili assoluzioni ogni orger di biccìpuntoorg, che in sogno e mano a mano, li vado a trovà tutti."


Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline cartesio

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Re:Caro Arch,
« Risposta #1 : Sabato 16 Maggio 2020, 23:00:31 »
Aho', io so' pronto.   Ennamo, no?
e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

Offline Arch

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Re:Caro Arch,
« Risposta #2 : Domenica 17 Maggio 2020, 19:35:57 »
Ma non sarà, Pà, tutto in questo che segue. Lo so, è troppo lungo.


Questa è l’acqua
di David Foster Wallace
[traduzione di Roberto Natalini]
Trascrizione del discorso di David Foster Wallace per la cerimonia delle lauree al Kenyon college,
21 maggio 2005.
Un saluto a tutti e le mie congratulazioni alla classe 2005 dei laureati del Kenyon college. Ci sono
due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando
in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I
due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma
cosa diavolo è l’acqua?” È una caratteristica comune ai discorsi nelle cerimonie di consegna dei
diplomi negli Stati Uniti di presentare delle storielle in forma di piccoli apologhi istruttivi. La storia
è forse una delle migliori, tra le meno stupidamente convenzionali nel genere, ma se vi state
preoccupando che io pensi di presentarmi qui come il vecchio pesce saggio, spiegando cosa sia
l’acqua a voi giovani pesci, beh, vi prego, non fatelo. Non sono il vecchio pesce saggio. Il succo
della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili
da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale
luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i
banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte, o meglio, è questo ciò che vorrei
cercare di farvi capire in questa piacevole mattinata di sole. Chiaramente, l’esigenza principale in
discorsi come questo è che si suppone vi parli del significato della vostra educazione umanistica, e
provi a spiegarvi perché il diploma che state per ricevere ha un effettivo valore sul piano umano e
non soltanto su quello puramente materiale. Per questo, lasciatemi esaminare il più diffuso
stereotipo nei discorsi fatti a questo tipo di cerimonie, ossia che che la vostra educazione umanistica
non consista tanto “nel fornirvi delle conoscenze”, quanto “nell’insegnarvi a pensare”.
Se siete come me quando ero studente, non vi sarà mai piaciuto ascoltare questo genere di cose, e
avrete tendenza a sentirvi un po’ insultati dall’affermazione che dobbiate aver bisogno di qualcuno
per insegnarvi a pensare, poiché il fatto stesso che siete stati ammessi a frequentare un college così
prestigioso vi sembra una dimostrazione del fatto che già sapete pensare. Ma vorrei convincervi che
lo stereotipo dell’educazione umanistica in realtà non è per nulla offensivo, perché la vera
educazione a pensare, che si pensa si debba riuscire ad avere in un posto come questo, non riguarda
affatto la capacità di pensare, ma piuttosto la scelta di cosa pensare. Se la vostra assoluta libertà di
scelta su cosa pensare vi sembrasse troppo ovvia per perdere del tempo a discuterne, allora vorrei
chiedervi di pensare al pesce e all’acqua, e a mettere tra parentesi anche solo per pochi minuti il
vostro scetticismo circa il valore di ciò che è completamente ovvio.
Ecco un’altra piccola storia istruttiva. Ci sono due tizi che siedono insieme al bar in un posto
sperduto e selvaggio in Alaska. Uno dei due tizi è credente, l’altro è ateo, e stanno discutendo
sull’esistenza di Dio, con quell’intensità particolare che si stabilisce più o meno dopo la quarta
birra. E l’ateo dice: “Guarda, non è che non abbia ragioni per non credere. Ho avuto anche io a che
fare con quella roba di Dio e della preghiera. Proprio un mese fa mi sono trovato lontano dal campo
in una terribile tormenta, e mi ero completamente perso e non riuscivo a vedere nulla, e facevano 45
gradi sotto zero, e così ho provato: mi sono buttato in ginocchio nella neve e ho urlato ‘Oh Dio, se
c’è un Dio, mi sono perso nella tormenta, e morirò tra poco se tu non mi aiuterai’.” E a questo
punto, nel bar, il credente guarda l’ateo con aria perplessa “Bene, allora adesso dovrai credere”
dice, “sei o non sei ancora vivo?” E l’ateo, alzando gli occhi al cielo “Ma no, è successo invece che
una coppia di eschimesi, che passava di lì per caso, mi ha indicato la strada per tornare al campo.”
È facile interpretare questa storiella con gli strumenti tipici dell’analisi umanistica: la stessa precisa
esperienza può avere due significati totalmente diversi per due persone diverse, avendo queste
persone due diversi sistemi di credenze e due diversi modi di ricostruire il significato
dall’esperienza. Poiché siamo convinti del valore della tolleranza e della varietà delle convinzioni,
in nessun modo la nostra analisi umanistica vorrà affermare che l’interpretazione di uno dei due tizi
sia giusta a quella dell’altro falsa o cattiva. E questo va anche bene, tranne per il fatto che in questo
modo non si riesce mai a discutere da dove abbiano origine questi schemi e credenze individuali.
Voglio dire, da dove essi vengano dall’INTERNO dei due tizi. Come se l’orientamento
fondamentale verso il mondo di una persona e il significato della sua esperienza fossero in qualche
modo intrinseci e difficilmente modificabili, come l’altezza o il numero di scarpe, o
automaticamente assorbiti dal contesto culturale, come il linguaggio. Come se il modo in cui noi
costruiamo il significato non fosse in realtà un fatto personale, frutto di una scelta intenzionale.
Inoltre, c’è anche il problema dell’arroganza. Il tizio non credente è totalmente certo nel suo rifiuto
della possibilità che il passaggio degli eschimesi abbia qualche cosa a che fare con la sua preghiera.
Certo, ci sono un sacco di credenti che appaiono arroganti e anche alcune delle loro interpretazioni.
E sono probabilmente anche peggio degli atei, almeno per molti di noi. Ma il problema del credente
dogmatico è esattamente uguale a quello del non credente: una certezza cieca, una mentalità chiusa
che equivale a un imprigionamento così totale che il prigioniero non si accorge nemmeno di essere
rinchiuso.
Il punto che vorrei sottolineare qui è che credo che questo sia una parte di ciò che vuole realmente
significare insegnarmi a pensare. A essere un po’ meno arrogante. Ad avere anche solo un po’ di
coscienza critica su di me e le mie certezze. Perché una larga percentuale di cose sulle quali tendo a
essere automaticamente certo risulta essere totalmente sbagliata e deludente. Ho imparato questo da
solo e a mie spese, e così immagino sarà per voi una volta laureati.
Ecco un esempio della totale falsità di qualche cosa su cui tendo ad essere automaticamente sicuro:
nella mia esperienza immediata, tutto tende a confermare la mia profonda convinzione che io sia il
centro assoluto dell’universo, la più reale e vivida e importante persona che esista. Raramente
pensiamo a questa specie di naturale, fondamentale egocentrismo, perché è qualche cosa di
socialmente odioso. Ma in effetti è lo stesso per tutti noi. È la nostra configurazione di base,
codificata nei nostri circuiti fin dalla nascita. Pensateci: non c’è nessuna esperienza che abbiate fatto
di cui non ne siate il centro assoluto. Il mondo, così come voi lo conoscete, è lì davanti a VOI o
dietro di VOI, o alla VOSTRA sinistra o alla VOSTRA destra, sulla VOSTRA TV o sul VOSTRO
schermo. E così via. I pensieri e i sentimenti delle altre persone devono esservi comunicati in
qualche modo, ma i vostri sono così immediati, urgenti, reali.
Adesso vi prego di non pensare che io voglia farvi una lezione sulla compassione o la sincerità o
altre cosiddette “virtù”. Il problema non è la virtù. Il problema è di scegliere di fare il lavoro di
adattarsi e affrancarsi dalla configurazione di base, naturale e codificata in noi, che ci fa essere
profondamente e letteralmente centrati su noi stessi, e ci fa vedere e interpretare ogni cosa
attraverso questa lente del sé. Le persone che riescono ad adattare la loro configurazione di base
sono spesso descritti come “ben adattati”, che credo non sia un termine casuale. Considerando la
trionfale cornice accademica in cui siamo, viene spontaneo porsi il problema di quanto di questo
lavoro di autoregolazione della nostra configurazione di base coinvolga conoscenze effettive e il
nostro stesso intelletto. Questo problema è veramente molto complicato. Probabilmente la più
pericolosa conseguenza di un’educazione accademica, almeno nel mio caso, è che ha permesso di
svilupparmi verso della roba super-intellettualizzata, di perdermi in argomenti astratti dentro la mia
testa e, invece di fare semplicemente attenzione a ciò che mi capita sotto al naso, fare solo
attenzione a ciò che capita dentro di me. Come saprete già da un pezzo, è molto difficile rimanere
consapevoli e attenti, invece di lasciarsi ipnotizzare dal monologo costante all’interno della vostra
testa (potrebbe anche stare succedendo in questo momento). Vent’anni dopo essermi laureato, sono
riuscito lentamente a capire che lo stereotipo dell’educazione umanistica che vi “insegna a pensare”
è in realtà solo un modo sintetico per esprimere un’idea molto più significativa e profonda:
“imparare a pensare” vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa
pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare
attenzione e come dare un senso all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di
scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune
della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, così
inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a
caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro
pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di
aver premuto il grilletto.
E vi dico anche quale dovrebbe essere l’obiettivo reale su cui si dovrebbe fondare la vostra
educazione umanistica: come evitare di passare la vostra confortevole, prosperosa, rispettabile vita
adulta, come dei morti, incoscienti, schiavi delle vostre teste e della vostra solita configurazione di
base per cui “in ogni momento” siete unicamente, completamente, imperiosamente soli. Questo
potrebbe suonarvi come un’iperbole o un’astrazione senza senso. Cerchiamo di essere concreti. Il
fatto puro e semplice è che voi laureati non avete ancora nessun’idea di cosa “in ogni momento”
significhi veramente. Questo perché nessuno parla mai, in queste cerimonie delle lauree, di una
grossa parte della vita adulta americana. Questa parte include la noia, la routine e la meschina
frustrazione. I genitori e i più anziani tra di voi sapranno anche troppo bene di cosa sto parlando.
Tanto per fare un esempio, prendiamo una tipica giornata da adulto, e voi che vi svegliate la
mattina, andate al vostro impegnativo lavoro da colletto-bianco-laureato-all’università, e lavorate
duro per otto o dieci ore, fino a che, alla fine della giornata, siete stanchi e anche un po’ stressati e
tutto ciò che vorreste sarebbe di tornarvene casa, godervi una bella cenetta e forse rilassarvi un po’
per un’oretta, per poi ficcarvi presto nel vostro letto perché, evidentemente, dovrete svegliarvi
presto il giorno dopo per ricominciare tutto da capo. Ma, a questo punto, vi ricordate che non avete
nulla da mangiare a casa. Non avete avuto tempo di fare la spesa questa settimana a causa del vostro
lavoro così impegnativo, per cui, uscendo dal lavoro, dovete mettervi in macchina e guidare fino al
supermercato. È l’ora di punta e il traffico è parecchio intenso. Per cui per arrivare al supermercato
ci mettete moltissimo tempo, e quando finalmente arrivate, lo trovate pieno di gente, perché
naturalmente è proprio il momento del giorno in cui tutti quelli che lavorano come voi cercano di
sgusciare in qualche negozio di alimentari. E il supermercato è disgustosamente illuminato e
riempito con della musica di sottofondo abbrutente o del pop commerciale, ed è proprio l’ultimo
posto in cui vorreste essere, ma non potete entrare e uscire rapidamente, vi tocca vagare su e giù tra
le corsie caotiche di questo enorme negozio super-illuminato per trovare la roba che volete e dovete
manovrare con il vostro carrello scassato nel mezzo delle altre persone, anche loro stanche e di
fretta come voi, con i loro carrelli (eccetera, eccetera, ci do un taglio poiché è una cerimonia
piuttosto lunga) e alla fine riuscite a raccogliere tutti gli ingredienti della vostra cena, e scoprite che
non ci sono abbastanza casse aperte per pagare, anche se è l’ora-di-punta-di-fine-giornata. Cosi la
fila per pagare è incredibilmente lunga, che è una cosa stupida e che vi fa arrabbiare. Ma voi non
potete sfogare la vostra frustrazione sulla povera signorina tutta agitata alla cassa, che è
superstressata da un lavoro la cui noia quotidiana e insensatezza supera l’immaginazione di ognuno
di noi qui in questa prestigiosa Università.
SEGUE APPENA MI PERMETTERA' DI INVIARNE UN ALTRO.

Offline Arch

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Re:Caro Arch,
« Risposta #3 : Domenica 17 Maggio 2020, 19:37:50 »
Ma in ogni modo, finalmente arrivate in fondo a questa fila, pagate per il vostro cibo, e vi viene
detto “buona giornata” con una voce che è proprio la voce dell’oltretomba. Quindi dovete portare
quelle orrende, sottili buste di plastica del supermercato nel vostro carrello con una ruota impazzita
che spinge in modo esasperante verso sinistra, di nuovo attraverso il parcheggio affollato, pieno di
buche e di rifiuti, e guidare verso casa di nuovo attraverso il traffico dell’ora di punta, lento,
intenso, pieno di SUV, ecc.
A tutti noi questo è capitato, certamente. Ma non è ancora diventato parte della routine della vostra
vita effettiva di laureati, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno. Ma lo sarà.
E inoltre ci saranno tante altre routine apparentemente insignificanti, noiose e fastidiose. Ma non è
questo il punto. Il punto è che è proprio con stronzate meschine e frustranti come questa che
interviene la possibilità di scelta. Perché il traffico e le corsie affollate del supermercato e la lunga
coda alla cassa mi danno il tempo di pensare, e se io non decido in modo meditato su come pensare
e a cosa prestare attenzione, sarò incazzato e infelice ogni volta che andrò a fare la spesa. Perché la
mia naturale configurazione di base è la certezza che situazioni come questa riguardino solo me. La
MIA fame e la MIA stanchezza e il MIO desiderio di andarmene a casa, e mi sembrerà che ogni
altra persona al mondo stia lì ad ostacolarmi. E chi sono poi queste persone che mi ostacolano? E
guardate come molti di loro sono repellenti, e come sembrano stupidi e bovini e con gli occhi spenti
e non-umani nella coda alla cassa, o anche come è fastidioso e volgare che le persone stiano tutto il
tempo a urlare nei loro cellulari mentre sono nel mezzo della fila. E guardate quanto tutto ciò sia
profondamente e personalmente ingiusto.
Oppure, se la mia configurazione di base è più vicina alla coscienza sociale e umanistica, posso
passare un bel po’ di tempo nel traffico di fine giornata a essere disgustato da tutti quei grossi,
stupidi SUV e Hummer e furgoni con motori a 12 valvole, che bloccano la strada e consumano il
loro costoso, egoistico serbatoio da 40 galloni di benzina, e posso anche soffermarmi sul fatto che
gli adesivi patriottici e religiosi sembrano essere sempre sui veicoli più grandi e più
disgustosamente egoisti, guidati dai più brutti, più incoscienti e aggressivi dei guidatori.
(Attenzione, questo è un esempio di come NON bisogna pensare…) E posso pensare che i figli dei
nostri figli ci disprezzeranno per aver sprecato tutto il carburante del futuro e avere probabilmente
fottuto il clima, e che noi tutti siamo viziati e stupidi ed egoisti e ripugnanti, e che la moderna
civiltà dei consumi faccia proprio schifo, e così via.
Avete capito l’idea.
Se scelgo di pensare in questo modo in un supermercato o sulla superstrada, va bene. Un sacco di
noi lo fanno. Tranne che il fatto di pensare in questo modo diventa nel tempo così facile e
automatico che non è più nemmeno una vera scelta. Diventa la mia configurazione di base. È questa
la modalità automatica in cui vivo le parti noiose, frustranti, affollate della mia vita da adulto,
quando sto operando all’interno della convinzione automatica e inconscia di essere il centro del
mondo, e che i miei bisogni e i miei sentimenti prossimi sono ciò che determina le priorità del
mondo intero.
In realtà, naturalmente, ci sono molti modi diversi di pensare in questo tipo di situazioni. Nel
traffico, con tutte queste macchine ferme e immobili davanti a me, non è impossibile che una delle
persone nei SUV abbia avuto un orribile incidente d’auto nel passato, e adesso sia cosi terrorizzata
dal guidare che il suo terapista le ha ordinato di prendere un grosso e pesante SUV, così che possa
sentirsi abbastanza sicura quando guida. O che quell’Hummer che mi ha appena tagliato la strada
sia forse guidato da un padre il cui figlio piccolo è ferito o malato nel sedile accanto a lui, e stia
cercando di portarlo in ospedale, ed abbia quindi legittimamente molto più fretta di me: in effetti
sono io che blocco la SUA strada.
Oppure posso sforzarmi di considerare la possibilità che tutti gli altri nella fila alla cassa del
supermercato siano stanchi e frustrati come lo sono io, e che alcune di queste persone
probabilmente abbiano una vita molto più dura, noiosa e dolorosa della mia.
Di nuovo, vi prego di non pensare che vi stia dando dei consigli morali, o vi stia dicendo che
dovreste pensare in questo modo, o che qualcuno si aspetta da voi che lo facciate. Perché è difficile.
Richiede volontà e fatica, e se voi siete come me, in certi giorni non sarete capaci di farlo, o più
semplicemente non ne avrete voglia.
Ma molte altre volte, se sarete abbastanza coscienti da darvi la possibilità di scegliere, voi potrete
scegliere di guardare in un altro modo a questa grassa signora super-truccata e con gli occhi spenti
che ha appena sgridato il suo bambino nella coda alla cassa. Forse non è sempre così. Forse è stata
sveglia per tre notti di seguito tenendo la mano del marito che sta morendo di un cancro alle ossa. O
forse questa signora è l’impiegata meno pagata della motorizzazione, che proprio ieri ha aiutato
vostra moglie a risolvere un orribile e snervante problema burocratico con alcuni piccoli atti di
gentilezza amministrativa.
Va bene, nessuno di questi casi è molto probabile, ma non è nemmeno completamente impossibile.
Dipende da cosa volete considerare. Se siete automaticamente sicuri di sapere cos’è la realtà, e state
operando sulla base della vostra configurazione di base, allora voi, come me, probabilmente non
avrete voglia di considerare possibilità che non siano fastidiose e deprimenti. Ma se imparate
realmente a concentrarvi, allora saprete che ci sono altre opzioni possibili. Avrete il potere di vivere
una lenta, calda, affollata esperienza da inferno del consumatore, e renderla non soltanto
significativa, ma anche sacra, ispirata dalle stesse forze che formano le stelle: amore, amicizia, la
mistica unità di tutte le cose fuse insieme. Non che la roba mistica sia necessariamente vera. La sola
cosa che è Vera con la V maiuscola è che sta a voi decidere di vederlo o meno.
Questa, credo, sia la libertà data da una vera educazione, di poter imparare ad essere “ben adattati”.
Voi potrete decidere con coscienza che cosa ha significato e che cosa non lo ha. Potrete scegliere in
cosa volete credere. Ed ecco un’altra cosa che può sembrare strana, ma che è vera: nella trincea
quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti non c’è posto per una cosa come l’ateismo. Non è
possibile non adorare qualche cosa. Tutti credono. La sola scelta che abbiamo è su che cosa adorare.
E forse la più convincente ragione per scegliere qualche sorta di dio o una cosa di tipo spirituale da
adorare – sia essa Gesù Cristo o Allah, sia che abbiate fede in Geova o nella Santa Madre Wicca, o
nelle Quattro Nobili Verità, o in qualche inviolabile insieme di principi etici – è che praticamente
qualsiasi altra cosa in cui crederete finirà per mangiarvi vivo. Se adorerete il denaro o le cose, se a
queste cose affiderete il vero significato della vita, allora vi sembrerà di non averne mai abbastanza.
È questa la verità. Adorate il vostro corpo e la bellezza e l’attrazione sessuale e vi sentirete sempre
brutti. E quando i segni del tempo e dell’età si cominceranno a mostrare, voi morirete un milione di
volte prima che abbiano ragione di voi. Ad un certo livello tutti sanno queste cose. Sono state
codificate in miti, proverbi, luoghi comuni, epigrammi, parabole, sono la struttura di ogni grande
racconto. Il trucco sta tutto nel tenere ben presente questa verità nella coscienza quotidiana. Adorate
il potere, e finirete per sentirvi deboli e impauriti, e avrete bisogno di avere sempre più potere sugli
altri per rendervi insensibili alle vostre proprie paure. Adorate il vostro intelletto, cercate di essere
considerati intelligenti, e finirete per sentirvi stupidi, degli impostori, sempre sul punto di essere
scoperti. Ma la cosa insidiosa di queste forme di adorazione non è che siano cattive o peccaminose,
è che sono inconsce. Sono la configurazione di base.
Sono forme di adorazione in cui scivolate lentamente, giorno dopo giorno, diventando sempre più
selettivi su quello che volete vedere e su come lo valutate, senza essere mai pienamente consci di
quello che state facendo.
E il cosiddetto “mondo reale” non vi scoraggerà dall’operare con la configurazione di base, poiché
il cosiddetto “mondo reale” degli uomini e del denaro e del potere canticchia allegramente sul bordo
di una pozza di paura e rabbia e frustrazione e desiderio e adorazione di sé. La cultura
contemporanea ha imbrigliato queste forze in modo da produrre una ricchezza straordinaria e
comodità e libertà personale. La libertà di essere tutti dei signori di minuscoli regni grandi come il
nostro cranio, soli al centro del creato. Questo tipo di libertà ha molti lati positivi. Ma naturalmente
vi sono molti altri tipi di libertà, e del tipo che è il più prezioso di tutti, voi non sentirete proprio
parlare nel grande mondo esterno del volere, dell’ottenere e del mostrarsi. La libertà del tipo più
importante richiede attenzione e consapevolezza e disciplina, e di essere veramente capaci di
interessarsi ad altre persone e a sacrificarsi per loro più e più volte ogni giorno in una miriade di
modi insignificanti e poco attraenti.
Questa è la vera libertà. Questo è essere istruiti e capire come si pensa. L’alternativa è
l’incoscienza, la configurazione di base, la corsa al successo, il senso costante e lancinante di aver
avuto, e perso, qualcosa di infinito.
Lo so che questa roba probabilmente non vi sembrerà molto divertente o ispirata, come un discorso
per questo di genere di cerimonie dovrebbe sembrare. In questo consiste però, per come la vedo io,
la Verità con la V maiuscola, scrostata da un sacco di stronzate retoriche. Certamente, siete liberi di
pensare quello che volete di tutto questo. Ma per favore non scartatelo come se fosse una sermone
ammonitorio alla Dr. Laura. Niente di questa roba è sulla morale o la religione o il dogma o sul
grande problema della vita dopo la morte. La Verità con la V maiuscola è sulla vita PRIMA della
morte. È sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la
conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza, consapevolezza di cosa è reale ed
essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento, per cui non dobbiamo
smettere di ricordarci più e più volte: “Questa è acqua, questa è acqua.”
È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni
momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la
vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita. E comincia ora.
Auguro a tutti una grossa dose di fortuna.

Offline Frusta

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Re:Caro Arch,
« Risposta #4 : Giovedì 21 Maggio 2020, 11:58:28 »
Arch, vedo che l' argomento, oltre a suscitare le lubriche e giustificatissime aspettative dell' ottimo Cartesio, non ha riscosso particolari consensi, quindi me tocca ripijallo ammé.
Et va bien, vordi' che renderemo pubblica una delle nostre chiacchierate private, chessarammai!  :D
Non subito però, prima magno e poi (quando stai a magna' tu)* vengo a scrive qua.

*Spiegassiùn: dubito che ci siano orgers curiosi di sapere a cosa si riferisca l' asterisco, ma nel caso ce ne fossero, vado ad illustrare le ns. abitudini alimentari (che elenco in ordine di tempo): Frusta inizia a pranza' fra mezzogiorno e mezza e l' una, Arch fra le tre e le tre e mezza. 
:barbecue
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Arch

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Re:Caro Arch,
« Risposta #5 : Giovedì 21 Maggio 2020, 18:51:44 »
Lo meo intervento era legato allo tuo, sia pur ermeticamente.
L'* è rivelatore!

Offline Frusta

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Re:Caro Arch,
« Risposta #6 : Giovedì 21 Maggio 2020, 19:18:27 »
Peccato, Fa', che Myriam abbia fatto la fine del pollo alla diavola senza essere mai nata e che David Foster Wallace abbia deciso di appendersi per la collottola prima che l' apologo che fa da incipit al suo celebre discorso diventasse, mai come oggi, così sfacciatamente evidente.

Altrimenti chissà in una situazione come questa cosa direbbero.

Forse Myriam, sefardita non praticante, strega autentica senza esserlo mai stata e, nella sua puttanesca innocenza, wallacemente indifferente alla configurazione di base codificata nei nostri circuiti fin dalla nascita, ci guarderebbe dal rogo di piazza sant’ Erasmo nuotare senza averne contezza nell' acqua dell' aspersorio di frate La Peña, e ci direbbe che il modo in cui ci stiamo sguazzando dentro, più ancora che una ratio politica o scientifica, ne ha una cattolica.
Perché quella è l’ acqua in cui stiamo nuotando in questi giorni. Stiamo espiando, Arch. Il lockdown è una segregazione penitenziale, la quarantena una quaresima drappeggiata di viola e le mascherine e i guanti dei cilici che ci costringono a silenzi, sofferenze e rassegnazioni da novizie claustrali.

David F. Wallace dell’ invio di un drone mandato a spiare Arch e multarlo perché ha violato il lockdown per prendere il sole in una spiaggia deserta, direbbe che è una operazione che non ha senso, perché un uomo solo in un luogo deserto non può infettare nessuno.

Myriam direbbe che un senso ce l’ ha eccome! Un senso cattolico: Arch va punito perché ha rotto una penitenza, che per essere tale deve implicare la sofferenza della privazione, altrimenti perderebbe di significato l’ assunto del “non c'è penitenza senza sofferenza”.
Arch, tu che hai insegnato storia dell’ arte per quarant’ anni e ce l’ hai presente in tutto il suo spettrale dolore, sarebbe andata al mare un’ icona della sofferenza come la Maddalena penitente di Donatello in un venerdì di quaresima? Noo? E allora tu ‘ndocazzo vai?
E la penitenza è l’olocausto del piacere, lo scannatoio delle piccole parentesi di felicità legate come animali sull’ ara di un Dio incazzoso e trafitte nella giugulare affinché la sua collera si plachi.
Per quanto tempo? Bo! Non si sa.
Fase uno, fase due, fase tre forse o ritorno alla fase uno… Il Dio collerico è lo stesso del percorso di purificazione verso la Terra Promessa a Mosè lungo quaranta anni in un tratto di deserto che un cammelliere mediamente esperto percorre in meno di due settimane.

E tu, Frusta, il Parco di Monza te lo puoi vedere solo dal balcone, e non ci puoi andare non dico a correre perché gnaafaresti, ma manco a passeggiare, perché nel farlo potresti tenere in vita una delle piccole parentesi di felicità destinate tutte ad essere sgozzate sull’ altare del Dio della Pestilenza.
E se monta la rabbia nell’ animo delatore di qualche psicopoliziotto che vedendo il tuo slalom in solitaria fra una farnia e un carpine allerta il vigile in agguato, sappi che di cattolicissima rabbia si tratta: smetti di godere, miserabile libertino, o renderai vano il sacrificio di noi tutti. E guai a te se t’ azzardi a dire che da solo in mezzo ad un bosco non puoi dare né ricevere contagi: il tuo deve essere un lockdown di dolore, non di buonsenso.

La via della Salvezza è lastricata di spine, e tu le devi calpestare una per una a piedi nudi, evitando con la massima cura di porli su un ciottolo o un ciuffo d’ erba, ché lungo il suo percorso ci saranno il drone, la spada fiammeggiante ed il libretto delle contravvenzioni dell’ angelo del Dio Furioso a decidere la tua sorte.
Ed ogni psicodelatore denuncerà all’ angelo dalla spada fiammeggiante la coppietta che s’ apparta pure se dovesse appartarsi nel luogo più isolato della Brianza perché chi tromba non lo fa per penitenza, e il sesto comandamento canta chiaro: non si eiacula su una corona di spine, miserabili peccatori!
Penitenziagite! E’  dovere d’ ogni buon cristiano cancellare dalla faccia della terra ogni traccia di gioia e di piacere per assecondare le fregole di un Dio che sembra uscito dalla teologia perversa del dottor Mengele.

Questo più o meno direbbe quel geniale stratosferico tocco di gnocca di Myriam, caro Arch, e nella sua amorale ed innocentissima logica aggiungerebbe che non è altri che il sedimento della polvere cattolica che nemmeno due atei inveterati come te e me sono siusciti a scrollarsi di dosso che ha reso possibile il lockdown italiano.
Italiano, romano, cattolico ed apostolico per giunta, perché non è stato un periodo di confinamento, ma di espiazione, per giunta accettata con la rassegnazione supina del cattolico nascosto in ognuno di noi che accoglie tutto, anche l 'assurdità delle imposizioni ossimoriche di una scientificità priva di riscontri scientifici. 

Questo direbbe Myriam, e io la capisco. Come si fa a non capire punto di vista di una che ci guarda dall' alto di un rogo che in nome di un Dio sanguinario le abbiamo eretto nella piazza sant' Erasmo di Palermo?


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Re:Caro Arch,
« Risposta #7 : Giovedì 21 Maggio 2020, 21:08:18 »
Stasera, dopo essere trapassato dalla fase 1 alla fase 2 e in procinto di trapassare alla fase 3, mi sento sfasato. Ti risponderò tosto.
Uno dei più potenti interventi di Frusta, questo.

Offline Frusta

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Re:Caro Arch,
« Risposta #8 : Mercoledì 10 Giugno 2020, 22:31:13 »
Arch, mò che  hanno aperto le gabbie mi sono fatta una passeggiata fino alla libreria dei libri usati "Il libraccio" (qui a Monza ce ne stanno due ed io che ciavevo voja de camminà so ito a quella più lontana) ed ho sperato che avessero una copia del libro che ha ispirato questo topic.
 ;D Ce l' avevano:


E dato che mi ci trovavo sono andato subito a cercare quel che diceva il buon Dubois.
E mi sono sperticato in complimenti alla mia (leggendaria  8) embè, è robba letta più de mezzo secolo fa) memoria:






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