www.calciomercato.com Lazio terza, tutto in una frase:
"Marco, non perdiamo oggi". E non è una certezza: è quasi una supplica quella di Simone Inzaghi catturata dai microfoni a pochi minuti dalla fine di un Udinese-Lazio faticoso, a tratti straziante, commovente. Una specie di delirio di impotenza:
la Lazio non sa vincere, non ce la fa, non ha le gambe e la testa e l'alimentazione e quello che volete voi. Nell'estate afosa di Roma in queste ore se ne sono sentite di tutti i colori: Lotito che fa interrogatori a destra e sinistra, toast all'avocado, ma non era meglio la pasta asciutta,
e poi risse con i camici bianchi (ma non erano i nostri angeli?) e smentite e scuse e accuse. Tutto in un mese, manuale di come rovinare una stagione
. "Marco, non perdiamo oggi", la smisurata preghiera di Inzaghi in un anno fantastico trasformato in una zoppicante via Crucis verso un posto Champions. Non basta il cuore di Udine.
VIA CRUCIS - E a pochi giorni da quella che doveva essere la sfida delle sfide, la scalata dell'Olimpo, la Lazio spopolata e confusa si ritrova in un personale Golgota. E a portare la croce i veterani: Marco è Parolo, che salva come può, come fa Strakosha, decisivo in almeno un paio di occasioni. Questa Lazio anche fatta di
anime perse: qualcuno riconosce Immobile? Ancora una volta immerso in una dissoluta incapacità di buttarla dentro.
La Pietà biancoceleste: Luis Alberto che prova imbeccate (pure lui ha un gol fallito clamoroso sul groppone) con la faccia cupa, Immobile che è tutto costernazione, non so cosa mi stia succedendo, una specie di scusatio petita da tutti perpetua. Un rosario di sofferenza: i tifosi chiedono personalità,
ma qui è tutta una smorfia, un parlare piano, senza avere nemmeno le forze, quasi, di ribattere ad un caso beffardo (con Adekanye molto, per dire). Non basta il cuore. MESTA CONSAPEVOLEZZA - A pochi giorni dalla partita contro quelli che vincono sempre arriva una Lazio che non vince mai. Trasformata in altro rispetto all'armata invincibile che fu: qui non mancano solo le gambe, ma pure una coesione rabbiosa,
la personalità vera di un fuoriclasse che si carica tutti, qui manca un Salvatore e ci sta solo la via della croce a tormentare gli astanti. Manca la rabbia del leader: Parolo, non ce ne voglia, è un bravissimo ragazzo, ma è un Don Abbondio, Luis Alberto è Don Chisciotte che scopre di non essere quel cavaliere che avrebbe voluto, Immobile sembra un mulino a vento che forse - in un mondo passato - è stato gigante.
Delirio di impotenza, un frullare di sbattimenti che non portano a nulla, un corri corri sempre un po' fuori sincro, sempre lento, sempre con la lingua di fuori: questa Lazio sembra nata stanca appena scende in campo. "Marco, questa non la perdiamo". A 7 minuti dalla fine: questo è realismo nel fango, non è mentalità vincente,
non è orgoglio, non è rabbia. E' solo consapevolezza mesta di un fatto:
questa Lazio non sa più vincere, ma come si perde se lo ricorda benissimo. Ed è una memoria di cui si farebbe volentieri a meno, a pochi giorni dalla Juventus.
p.s. Rasento l'ovvio se dico che servirà l'ennesimo miracolo di una stagione miracolosa?