Autore Topic: Protocollo sì, protocollo no: le giravolte di alcuni e un campionato a rischio  (Letto 409 volte)

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di Marco Valerio Bava

Lazio-Torino non s’è giocata, la squadra di Cairo non s’è presentata, bloccata dalla Asl del capoluogo piemontese. Da mercoledì mattina, però, la squadra, dopo due cicli di tamponi che hanno dato esito negativo, riprenderà ad allenarsi normalmente in vista della sfida salvezza contro il Crotone. Il calcio è in mano alle Asl, il calcio è finito. Poco importa che, Torino a parte, gli altri 19 club di Serie A volessero che la partita si giocasse. Di fronte all’imposizione dell’autorità sanitaria locale nulla può nemmeno il protocollo validato dal Ministero della Salute e dal CTS. Alcuni la definiscono una scelta immatura, ma quella dei club del massimo campionato era l’unica maniera per poter tenere la barra dritta e consentire che la Serie A potesse terminare. Ma non sarà così. Ormai, ogni club che si troverà privo di 4-5 elementi, dovrà essere bloccato dalla ASL di competenza e salterà la partita, alla faccia di quelle squadre che, invece, nei mesi scorsi hanno giocato senza diversi elementi, magari perdendo le partite in questione. Lo stesso club sarà costretto a saltare diverse partite (come il Torino) e spazio per recuperarle di fatto non ce n’è. Il campionato si deve chiudere il 23 maggio e oltre non si può andare causa Europei. Il pasticciaccio è dietro l'angolo. Insomma, addio protocollo, non servi più. In tutto ciò, poi fa impressione come alcuni organi di stampa abbiano improvvisamente cambiato registro sull’argomento.

Mesi fa, quando era il Napoli ad appoggiarsi alle delibere della Asl, infatti, alcuni quotidiani scrivevano di “Patto tradito e calcio nel caos” e ancora: “Il documento che disciplina i casi da Covid, firmato da Federcalcio e Ministero della salute e accettato da tutti i club, è chiaro e spiega come comportarsi ma, bypassato così, rischia già di finire nel cestino”. E infatti così è stato. Si richiamava i presidenti a “disciplina e lealtà sportiva” e Urbano Cairo che di quei giornali è editore diceva: “Juve-Napoli? Non mi esprimo, ma il protocollo va rispettato”.

Il Corsera, sulla stessa linea della Gazzetta, riferiva: “Ora il calcio rischia di tornare in mano alle Asl e il campionato smarrisce le sue certezze: cosa succederà a gennaio se il virus continuasse a non darci tregua? De Laurentiis esce da vincitore, ma non cancella la sensazione che un po’ ci abbia marciato. La speranza è che questa storiaccia resti un episodio isolato. Per fronteggiare l’emergenza e arrivare al traguardo sono necessari comportamenti virtuosi e al di sopra di ogni sospetto. Cosa succederà se un presidente troverà il modo di rinviare una partita perché la sua squadra, a causa del Covid, non è nelle condizioni ideali per giocarla?”.

Sempre sul Corsera si poteva leggere un editoriale, datato 3/10/2020, che criticava "l'intervento a gamba tesa della Asl di Napoli che ha calpestato un protocollo deciso dal Ministero dello Sport e da quello della Salute". Lo stesso editorialista, ieri, però cambiava improvvisamente idea: "La Lega ora vuole il calcio a 7, il Torino ha otto positivi ma deve giocare lo stesso". Chi se ne importa che il protocollo preveda che i positivi siano almeno dieci. Quel protocollo che cinque mesi fa andava difeso.

Il Corsera cambia registro, lo stesso fa la Gazzetta. Il direttore della rosea, in un editoriale di ieri (martedì ndr) sosteneva che “l’ipocrisia prevale sul buonsenso”. Dunque Lazio-Torino andava rinviata per far prevalere la loigica, mentre “la Lega ha il solo scopo di salvare il protocollo”. E non è un dettaglio. Salvare il protocollo vuol dire salvare il campionato. Vuol dire tutelare quelle squadre, Genoa e Parma per esempio, che a quel protocollo si sono attenute, pur avendo diversi casi di contagio da Covid-19 in squadra. Salvare il protocollo vuol dire pensare di portare a termine il campionato. Le tesi, insomma, che Gazzetta e Corriere sostenevano fino a qualche mese fa. Ma ora hanno cambiato idea...

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