Autore Topic: Lazio, la variabile che sfugge a ogni previsione: Inzaghi e un ciclo (in)finito  (Letto 295 volte)

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di Elena Bravetti

"Simone Inzaghi? Il ciclo è finito". Una frase che sa di sentenza, come se dopotutto ci fosse una data di scadenza. Un numero di anni "dati" a un allenatore per dimostrare il proprio valore. Dopodiché, via, si cambia. Altro giro, altra corsa. Lavoro, sacrifici e traguardi riassunti in un semplice calcolo. E quando si arriva vicino ai cinque anni trascorsi sulla stessa panchina, diventa un mantra. Da ripetere come fosse una giustificazione, la causa di tutti i mali, la spiegazione da utilizzare quando i risultati non arrivano. In casa Lazio non s'è fatta eccezione. Difficoltà e ostacoli nella stagione del Covid-19 sono stati spiegati facendo riferimento a Inzaghi e - ça va sans dire - a un ciclo finito. A Roma i bisbigli sono diventati urla dal momento in cui la firma sul rinnovo di contratto è tardata ad arrivare. Tempo trascorso, che non ha fatto altro che alimentare dubbi e preoccupazioni, "bollando" il futuro con un punto interrogativo.

I CONTI CON LE VARIABILI - Come nei migliori esperimenti sociali, però, bisogna fare i conti con le variabili. Fattori che non erano stati presi in considerazione. In grado di scombinare tutto, in un secondo. Inzaghi, il "Simoncino" che ha portato la Lazio a giocarsi gli ottavi di finale col Bayern Monaco, sembra esserne un esperto. La sua squadra è arrivata a sfidare i "grandi" così come lui ha raggiunto mostri sacri della storia ultracentenaria del club. E l'ha fatto partendo dal gradino più basso, quello di tecnico della Primavera promosso in prima squadra. Chiamatelo "traghettatore", o come volete, il senso non cambia. Quei professionisti che vengono presi nel momento del bisogno, senza infamia e senza lode, ma il cui destino è già scritto: "Grazie, ma dobbiamo salutarci".

"UN MATRIMONIO CHE CONTINUERÀ" - "Quello tra me e la Lazio è un matrimonio che continuerà". Era il 3 aprile 2016, è il 3 aprile 2021. Sono passati cinque anni. Vittorie, sconfitte, spalti che hanno iniziato a svuotarsi, campionati bloccati e poi ripresi, trofei alzati al cielo, critiche piovute a ogni passo falso, addii complicati e nuovi acquisti. E in un mondo che sfugge a ogni previsione, siamo ancora convinti di poter dire che il ciclo-Inzaghi si sia concluso perché "hai mai visto un allenatore che ha continuato a far bene oltre i cinque anni?". La storia lo spiega, i numeri confermano: l'avventura del tecnico in biancoceleste sfugge a qualsiasi precedente, ad ogni costante. Anzi no, c'è un fattore che non ha subito variazioni. Una sorta di punto fermo, un elemento che sa di garanzia, su cui puntare. Non potrebbe esser altro che l'amore per la Lazio, così viscerale per il tecnico da presupporre l'aggiunta di un "sua" accanto a "Lazio". E di fronte al più potente dei pilastri, al diavolo ogni calcolo, ogni scadenza. Al diavolo ogni ciclo finito. 

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