Autore Topic: Luis Alberto ha sorpreso tutti (parte 1)  (Letto 913 volte)

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Luis Alberto ha sorpreso tutti (parte 1)
« : Sabato 14 Ottobre 2017, 15:23:26 »
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Dopo un anno passato tra panchina e tribuna, il trequartista spagnolo è diventato una dei giocatori chiave della Lazio di Inzaghi.



di Daniele V. Morrone

Nell’ultima giornata di campionato, allo Stadio Olimpico, si gioca Lazio-Sassuolo. Alla mezz’ora di gioco la squadra di Bucchi è in vantaggio per 0-1 mentre i biancocelesti non riescono ad arrivare al tiro in porta, forse appesantiti dalle troppe partite ravvicinate giocate nei giorni precedenti. All’ultimo minuto del primo tempo c’è un calcio di punizione per la Lazio al limite dell’area, da posizione leggermente decentrata. A batterlo si presenta Luis Alberto.
 
Sembra tutto pronto per uno schema su cross: la palla è leggermente spostata sulla destra rispetto alla porta e Luis Alberto è destrorso, ed è quindi con il piede giusto per mettere una traiettoria tesa a rientrare tra la difesa e il portiere. Lo spagnolo guarda al centro dell’area tutto il tempo, prende tre passi di rincorsa, ma poi colpisce la palla di collo pieno facendola andare dritta sopra la barriera, esattamente sotto al sette alla sinistra di Consigli. Il tentativo disperato del portiere del Sassuolo, che allunga la mano fino al sette ma riuscendo solo a sfiorare il pallone, rende ancora più evidente la perfezione della traiettoria.
 
Passano dieci minuti dal fischio d’inizio del secondo tempo e con il primo calcio d’angolo a disposizione Luis Alberto pennella una traiettoria di collo interno, che con un ampio giro va a cadere esattamente sul centro del dischetto, dove De Vrij la sta aspettando per mettere in rete il gol del 2-1. Due minuti dopo, su un lancio del Sassuolo il pallone viene respinto da Patric verso il centrocampo e il primo ad arrivare sulla seconda palla è Acerbi. Alle sue spalle si muove, però, ancora Luis Alberto che, dopo il suo stop, gli sporca la palla, recapitandola a Parolo. Poi si gira di scatto e avvia la transizione offensiva.
 
Lucas Leiva lancia per Immobile già proiettato verso la porta, che con uno stop non perfetto però permette al portiere in uscita di respingere la palla. Esattamente al limite dell’area c’è ancora Luis Alberto che, dopo uno stop col mancino, avanza in conduzione, superando con freddezza Consigli, che provava a recuperare la posizione nel disperato tentativo di fermarlo. A quel punto la porta è spalancata e protetta solo da Cannavaro: lo spagnolo può guardare l’angolo e mettere in rete il 3-1.
 
La prestazione con il Sassuolo è l’apice dell’inizio di stagione di fuoco di Luis Alberto, che ha inanellato performance di spessore con una continuità impressionante. Inzaghi sembra ormai in difficoltà nel trovare nuovi modi per elogiarlo: «Si sta ritagliando momenti importanti perché è un giocatore di grandissima qualità che riesce ad abbinare anche la quantità. È un giocatore molto generoso. Gli va fatto un plauso: in questi due mesi c’è tanto di Luis Alberto».

Ma se anche i tifosi della Lazio si sono accorti di Luis Alberto (che chiamano affettuosamente “Lupo Alberto”) solo adesso, i compagni conoscevano le sue qualità anche la scorsa stagione, quando avevano iniziato a chiamarlo “il Mago” per quello che riusciva a fare in allenamento tutti i giorni. Lo stesso Inzaghi, pur stupendosi del suo livello attuale, ha fatto capire che già lo scorso anno avrebbe voluto dargli più minuti in campo, rispetto ai 361’ totali effettivamente giocati in 9 presenze.
 
L’anno scorso Luis Alberto è rimasto schiacciato tra l’equivoco tattico che lo vedeva inizialmente come erede diretto Candreva e una concorrenza che sembrava fuori portata (con Keita, Milinkovic-Savic e Felipe Anderson, tutti in grande forma), ed è riuscito a giocare solo in due occasioni due partite consecutive, terminando i 90 minuti in campo solo una volta (contro la Fiorentina alla terzultima giornata, nella partita dove ha prodotto anche i suoi unici due assist stagionali). Eppure anche allora Inzaghi parlava di lui in conferenza stampa: «Tutte le volte mi mette in difficoltà perché lavora benissimo durante la settimana e tutte le volte mi lascia dei dubbi quando faccio la formazione».
 
Fiducia in se stessi
Luis Alberto adesso è perfettamente cosciente del suo talento: si vede perché in campo tenta cose che un calciatore medio non rischierebbe – come, per l’appunto, la punizione segnata col Sassuolo. Ma forse non lo è sempre stato, nonostante il Barcellona, prima, e il Liverpool, poi, abbiano provato a scommettere su di lui fin da subito.
 
Prima di questo inizio di stagione con la Lazio, Luis Alberto non è mai sembrato abbastanza determinato da riuscire a far emergere il suo talento in qualsiasi contesto. Del suo inizio stentato in Italia per esempio dice: «Era colpa mia, non capivo il calcio italiano, ora mi sento un altro». Tira in ballo il fattore mentale anche per spiegare quello che è cambiato e che lo ha portato a giocare a questi livelli: «Ora rischio di più, provo cose che prima non avevo il coraggio di poter fare». Sembra davvero che Luis Alberto si stia accorgendo di essere davvero forte solo adesso, come se avesse appena scoperto un tesoro da sempre nascosto sotto casa sua.
 
Nelle sue esperienze precedenti Luis Alberto, invece, tirava fuori il meglio del suo talento solo quando veniva riconosciuto da altri, quando cioè veniva messo al centro di un progetto tecnico.
 
Al Barcellona B, nella seconda divisione spagnola, era considerato il centro creativo di una squadra comunque dall’altissimo livello tecnico, e ne è uscita una stagione da 11 gol e 18 assist ad appena 20 anni. Al Liverpool, invece, era arrivato in una squadra già molto ricca di talento (Coutinho, Sterling, Iago Aspas), che non gli ha concesso né spazio né tempo. Passa rapidamente dal campo alla tribuna: dal dicembre del 2014 alla fine di quella stagione viene convocato appena due volte, senza mai entrare in campo. A fine anno il Liverpool decide di darlo in prestito al Málaga dove, nonostante le buone prestazioni iniziali, la musica non cambia. Anche lì finisce la stagione in tribuna.
 
Al Deportivo La Coruña, dove va nuovamente in prestito l’anno successivo, era stato messo al centro del progetto tecnico e ne è uscita fuori un’altra grande stagione. Luis Alberto era libero di muoversi sulla trequarti, partendo sia dal centro che dalla fascia sinistra, associandosi con la stella della squadra, Lucas Pérez, che giocava da punta centrale. Il loro contributo è risultato fondamentale per regalare una salvezza più che tranquilla al Depor: la loro intesa ha funzionato al punto che i due hanno chiuso la stagione con 23 gol e 17 assist complessivi.
 
Luis Alberto, alla fine di quella splendida annata, aveva promesso addirittura ai tifosi di tornare a giocare un giorno per il Deportivo. Ma quando ripensa oggi a quella stagione, la vede comunque un passo indietro rispetto alla maturità raggiunta oggi alla Lazio: «Ero molto ad intermittenza. Giocavo 20 minuti e creavo una o due occasioni. Questa stagione ho giocato per intero le partite che abbiamo disputato e a un buon ritmo. Quando uno vede le statistiche si rende conto che sono cambiato. Sono molto più completo, difensivamente e offensivamente».
 
Uscire dal pozzo
Ma inizialmente le montagne russe della sua carriera sembrano poter continuare identiche anche alla Lazio. Luis Alberto era arrivato l’ultimo giorno dello scorso mercato estivo, dopo aver fatto la panchina a Liverpool per tutto agosto e senza aver avuto la possibilità di fare la preparazione con la sua nuova squadra. Lui stesso ha ammesso che è arrivato senza pensare troppo alle conseguenze di una scelta così tardiva: «Sinceramente non sapevo nulla della Lazio fino all’ultimo momento. La mia idea era di rimanere in Inghilterra perché mi rimaneva solo un anno di contratto e le cose non stavano andando come volevo. Pensavo di rimanere lì un anno, aspettare, provare a competere, e poi liberarmi gratis. È uscita la Lazio all’ultimo momento, non avevo tempo per pensare se sì o no, ho preso tutto un po’ alla leggera. Alla fine ho preferito venire qui che rimanere un anno fermo».
 
Ma l’impatto con la Lazio è stato tremendo, perché allo schock ambientale si è aggiunta la difficoltà di inserirsi nella squadra. Luis Alberto, senza la possibilità di giocare, è entrato in una spirale depressiva che lo ha portato sul punto di lasciare il calcio.
 
Oggi ne parla apertamente e non ha nessun problema ad ammettere di aver avuto bisogno di aiuto per uscirne: «A gennaio-febbraio ero nel peggior momento della mia carriera. Vedevo tutto nero, nella mia testa pensavo che non servivo a niente, mi annoiavo. Ma grazie alla mia famiglia e a Campillo (il suo mental coach, nda) sono riuscito a cambiare la situazione. In poche settimane ho subito un cambio radicale, l’ho notato subito. Il coaching mi ha fatto capire che servivo, che potevo dare molto di più. Mi ha dato la forza per uscirne. Era tutta una cosa mentale, ero bloccato».
 
La testimonianza di Luis Alberto è un bagliore in un mondo in cui c’è ancora molta diffidenza verso temi che fuoriescono dalla retorica machista dominante, come la depressione. Ma l’aspetto mentale va ad incidere tanto quanto quello atletico nello stato di forma di un atleta. Da fuori siamo costretti ad accontentarci di accenni, di allusioni, ma il lavoro che c’è dietro la salute psicofisica di tanti giocatori di élite ormai non è solo dato dalle attenzioni di un allenatore.
 
Nella stessa intervista Campillo, il suo mental coach,  ha parlato del lavoro fatto su Luis Alberto: «Ha lavorato a fondo. Abbiamo fissato degli obiettivi per il presente e per il futuro, e ci siamo accordati con dei compiti da fare: come arrivare prima all’allenamento, visualizzare in testa ogni partita, lavorare sulla concentrazione, sul rilassarsi, sull’evitare distrazioni». La situazione era talmente grave, e la sua risoluzione talmente positiva, che Campillo si espone utilizzando un’immagine ardita ma efficace: «C’è chi cerca dettagli, modi per arrivare all’eccellenza. Ma uscire dal pozzo è un cammino più duro».

I meriti di Inzaghi
Una volta uscito dal pozzo, comunque, Luis Alberto ha trovato il sostegno di Simone Inzaghi, a cui va dato il resto del merito per l’ennesima rinascita del trequartista spagnolo. Questa estate l’allenatore della Lazio si è ritrovato con tante questioni spinose da gestire (come la partenza di Biglia e la difficile situazione con Keita) ma fin dall’inizio del ritiro ha fatto capire a Luis Alberto non solo che sarebbe stato parte integrante del progetto tecnico della Lazio, ma anche che le sue caratteristiche tecniche e le sue letture sarebbero state essenziali per arricchire il patrimonio offensivo della squadra biancoceleste.
 
L’importanza di Luis Alberto per la Lazio di quest’anno è stata evidente fin da subito. Nel ritiro pre-campionato lo spagnolo ha iniziato giocando da regista, per sostituire Biglia, avanzando sulla trequarti solo con l’arrivo di Lucas Leiva. In quella posizione esordisce ufficialmente contro la Juventus in Supercoppa, mostrando per la prima volta al grande pubblico un assaggio di cosa sarebbe stata la sua stagione.
 
Ma al di là della duttilità tattica, che gli permette di coprire più ruoli, è la sua varietà tecnica ad arricchire veramente la Lazio, permettendole di avere delle risorse che l’anno scorso non poteva vantare.
 
Luis Alberto è un giocatore molto verticale, sia quando deve passare la palla che quando deve portarla. Il filtrante taglia-linee rasoterra in verticale, ad esempio, era una possibilità che era rimasta scoperta con la partenza di Biglia e che è ancora più importante da quando è stato spostato sulla trequarti, per come riesce ad incastrarsi perfettamente con i movimenti e i tempi di Immobile. Luis Alberto ha aggiunto una variabile in un sistema che non sapeva di averne bisogno, e che ora non può farne più a meno. A inizio campionato Inzaghi dice di lui: «Luis Alberto ha cambiato tre ruoli, è un giocatore completo e può essere un valore aggiunto. In questo momento non posso farne a meno».
 
Luis Alberto ha arricchito la già ottima capacità della Lazio nel saper interpretare in diversi modi la strategia di una partita. Il controllo della sfera nello stretto e la precisione tecnica nell’indirizzarlo con il passaggio gli permette di giocare anche in spazi stretti e di associarsi a Milinkovic-Savic, complicando esponenzialmente il recupero palla degli avversari nella propria trequarti. Grazie ai movimenti coordinati con il serbo, Luis Alberto non dà mai riferimenti agli avversari, fungendo da raccordo tra i tanti centrocampisti dall’animo verticale di cui dispone la Lazio, e Immobile. Con le sue pause, inoltre, il trequartista spagnolo permette alla Lazio di assestarsi nella trequarti avversaria in fase di attacco posizionale, senza disordinarsi eccessivamente in transizioni continue.
 
Il dialogo con Milinkovic-Savic
Ma la presenza di Luis Alberto sta facilitando anche l’evoluzione di Milinkovic-Savic, un giocatore a sua volta poliedrico ma che può venire limitato dal suo strapotere fisico, se il suo utilizzo viene ridotto a testa di ponte di una squadra esclusivamente verticale.
 
Luis Alberto e Milinkovic-Savic possono associarsi nello stretto, partendo entrambi dagli spazi di mezzo, o magari con uno solo sulla linea del fallo laterale, generando una superiorità numerica continua per la Lazio. Ma ciò che li rende davvero devastanti è la loro qualità nel recapitare la palla in area da praticamente qualsiasi zona di campo, che sia con un filtrante o un tiro da fuori o un cross. Quando sono entrambi sulla trequarti la Lazio ha la certezza quasi matematica di arrivare alla conclusione, anche contro una difesa schierata.
 
Entrambi, poi, possono andare in verticale in conduzione, uscendo improvvisamente dal triangolo per trasformare in un attimo una situazione statica in una dinamica. La somma di tutte queste variabili è per adesso difficile da leggere per gli avversari, proprio perché entrambi sembrano poter fare qualunque cosa in qualsiasi momento.
 
La cosa davvero affascinante della coppia Luis Alberto – Milinkovic-Savic, però, è come riescano ad arrivare allo stesso risultato partendo da caratteristiche fisiche e tecniche tanto diverse: dove Milinkovic-Savic arriva con l’utilizzo del corpo e dei vantaggi fisici che ne derivano in Serie A, Luis Alberto deve arrivare con la tecnica pura e le letture.
 
Il vantaggio è che se la Lazio lancia lungo per la testa di Milinkovic-Savic o per il collo del piede di Luis Alberto, il risultato è lo stesso. I loro compagni di squadra possono rimanere in posizione e offrire una linea di passaggio perché sanno che entrambi possono uscire dalla pressione, solo che Milinkovic-Savic lo farà utilizzando il corpo mentre Luis Alberto lo farà con un tocco d’esterno dopo un controllo orientato. La brutalità fisica di Milinkovic-Savic trova quindi complemento perfetto nell’eleganza tutta andalusa di Luis Alberto nel controllo della sfera, che viene toccata con movimenti precisi e ritmici. E se il serbo è la stella della squadra, naturalmente al centro del progetto tecnico, Luis Alberto è una spalla ormai necessaria e insostituibile.
 
A trarre i benefici maggiori di questa coppia è ovviamente Simone Inzaghi, che prima di quest’anno non aveva la possibilità di indirizzare il proprio attacco posizionale indifferentemente da dove viene recuperato il pallone o dalle caratteristiche dell’avversario. Luis Alberto è diventato insostituibile perché permette alla Lazio, con la sua qualità nel proteggere e distribuire il pallone su tutta la trequarti, di avere un gioco ricco e imprevedibile.

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