Autore Topic: FOCUS - Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: la storia di Chiara raccontata da suo padre  (Letto 268 volte)

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                           Il 25 novembre il sipario si apre su un palcoscenico buio e all’apparenza vuoto. Poi una luce viene proiettata al centro della scena e lì illumina e rivela i contorni di una bellissima rosa. Un fiore che sembra delicato, ma che in realtà è forte e resistente. Qualità che lo rendono pregiato. La sua presenza cattura l’attenzione di tutto il pubblico. C’è una nazione intera ad ammirarla. Il fascio di luce si fa più grande e sul palco compaiono altre rose. Tante quante le campane di vetro che le contengono. Campane che le regole non scritte di un mondo troppe volte maldestro hanno reso necessarie per preservare la vita stessa del fiore. Teche indispensabili a frenare l’istinto di chi oltraggia tanta bellezza con l’infamia della violenza. Una brutalità che oggi su quel palcoscenico viene messa in luce assieme alle rose e che i copioni della “Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne” vogliono condannare. E i registi dell’opera che in questo ultimo sabato di novembre va in scena nei teatri mediatici di tutta Italia sono coloro che di quei fiori bellissimi dovrebbero essere i custodi. A forgiare il vetro di quelle campane sono le loro promesse. Ma le parole non bastano. E allora succede che solamente quest’anno 114 di quelle rose siano state recise e che la brutalità di questo gesto sia stata per loro letale. La forza di cui sono dotate ha permesso ad altre di perdere tanti petali, ma di sopravvivere. E quelle campane di vetro sono diventate la loro condanna. Perché le teche che non hanno saputo proteggerle adesso sanno solamente isolarle, emarginarle. E tra le rose sopravvissute c’è anche Chiara.



IPOCRISIA – Chiara aveva 19 anni quando il 3 febbraio del 2014 la brutalità di un uomo l’ha ridotta in fin di vita. Ma Chiara è sopravvissuta a quella violenza sovraumana e ora vive circondata dall’affetto della sua famiglia. Suo padre, Maurizio Insidioso, le ha dato voce ai microfoni della nostra redazione: “È difficile spiegare come sta Chiara oggi. È una ragazza che ha recuperato a livello cognitivo, ma è come se fosse una bambina piccola. Non parla, non si muove. La sua vita dipende completamente da altre persone”. E la sua è la storia di una rosa che rivela di cosa sia fatto il vetro di quella campana che ha fallito nel proteggerla: ipocrisia.Per me il 25 novembre non esiste. Si organizzano eventi, manifestazioni, ma poi al dunque è tutto vano. A livello politico si recitano i soliti copioni. Come dico spesso, il 25 si ricorda, poi il 26 si muore e si entra a far parte di una lista, mentre chi rimane in vita, se non è aiutato da terze persone, sta completamente da solo”. E l’ipocrisia che mettono in luce le parole del signor Insidioso si nasconde nella condotta di uno Stato che nei confronti di Chiara e di tutte le donne che oggi si trovano nelle sue stesse condizioni ha fallito due volte.



DOPPIO FALLIMENTO – “Sono arrivato alla conclusione che in Italia non si voglia e non si possa sconfiggere la violenza sulle donne. Nei confronti di mia figlia lo Stato ha fallito ripetutamente”. Una dura verità che il padre di Chiara ha dovuto affrontare nel corso degli anni. Per esempio quando cercò di fare il possibile affinché l’uomo che ha ridotto Chiara in fin di vita venisse allontanato da lei, ma trovò tante porte chiuse. Porte che i tagli di una politica sconsiderata delle istituzioni italiane avevano chiuso. Scelte economiche quantomeno discutibili che non hanno permesso alle strutture preposte di lavorare nel modo in cui avrebbero dovuto. Finché il vetro di quella campana non è stato distrutto da una violenza inaudita. Dopo quanto è accaduto è iniziato il periodo dei processi. Al primo grado quell’uomo è stato condannato a 20 anni. In appello però un giudice ha deciso di scontargli la pena a 16 anni, perché ha appurato che colui che ha ridotto Chiara in quello stato, pur inventandosi che mia figlia si fosse fatta male da sola, le avrebbe involontariamente salvato la vita”.



INGIUSTIZIA – Ma, purtroppo, non è tutto. L’ingiustizia vissuta da Chiara è scritta nero su bianco sulle pagine delle diatribe legali del nostro Stato. Una legalità che spesso si dimentica dell’umanità. Sì, perché una Direttiva europea del 2004 chiedeva a tutti gli stati membri dell’Unione, quindi anche all’Italia, di provvedere affinché venisse creato un sistema di indennizzo equo e adeguato alle vittime di reati intenzionali violenti. Un risarcimento danni che potesse garantire loro una vita dignitosa. Gli Stati membri avrebbero dovuto conformarsi a tale direttiva entro il 1 gennaio del 2006. Tra i ritardi caratteristici del solito modus operandi italiano, nel nostro Paese la determinazione degli importi degli indennizzi è arrivata solamente il 31 agosto del 2017. Lo Stato riconosce alle vittime di reati violenti fino a un massimo di 3.000 euro in titolo di refusione delle spese mediche e assistenziali. Questo per il nostro Stato è un indennizzo equo e adeguato. “Noi la carità dello Stato non la vogliamo. Chiara ha delle spese mensili che si aggirano attorno a più di 2.000 euro al mese. In ogni caso quei soldi non li prenderà mai, perché è stato previsto che per ricevere quel risarcimento la persona lesa debba avere un reddito pari o inferiore agli 11.000 euro. A Chiara mensilmente vengono corrisposti circa 880 euro tra pensione di invalidità e indennità civile, quindi quel reddito già lo supera”.



CASA IRIDE – Una rosa di una campana di vetro non se ne fa niente. È un fiore che deve crescere a pieno contatto con la realtà che la circonda. Non dovrebbe essere un vetro a tutelarla, ma il Diritto. Ma quando il Diritto si trasforma in beffa, diventa futile. A quel punto la rosa ha bisogno solamente di affetto, solidarietà ed empatia. “L’aiuto della gente ci ha permesso di andare avanti, della gente comune”. E c’è un luogo in cui Chiara è riuscita a trovare tutto questo. Si chiama “Casa Iride”, un progetto realizzato dall’Associazione Risveglio. Un modello di coabitazione unico in Europa, dove persone nelle condizioni di Chiara e le rispettive famiglie ricevono un’assistenza che al di fuori non potrebbero ottenere. “Ogni mattina quando mi alzo dal letto prima di mettere i piedi per terra bacio il pavimento, perché penso che nella sfortuna sono riuscito comunque a essere fortunato. Se non fosse stato per Casa Iride, noi non avremmo saputo come fare. Posti come questi sono esempi positivi che dovrebbero essere modelli da seguire in Italia. Questa struttura per le persone che si trovano nelle condizioni di Chiara (o anche peggiori) e per le loro famiglie è una salvezza. Ecco, lo Stato forse potrebbe impegnarsi per fare in modo che di posti come questi ne vengano aperti altri”.



 



         

   



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