Autore Topic: Il Presidente Lotito a 'La Repubblica': "Lazio stabilmente nell’élite del calcio italiano ed europeo"  (Letto 329 volte)

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Pubblichiamo il testo integrale dell’intervista rilasciata dal Presidente Claudio Lotito in data odierna alla quotidiano 'La Repubblica', la quale, per motivi tecnici, è apparsa priva di alcune parti significative.

“Il calcio è pieno di farisei: posso stare simpatico o antipatico ma con me ti ci devi confrontare!”. Parola di Claudio Lotito. Presidente della Lazio al 34° derby: ne ha persi 16, ma tra i 10 che ha vinto c’è il più importante, la Coppa Italia del 2013 in finale contro la Roma. 

 Presidente, è stato quello il suo trofeo più bello?
 “Non saprei. Ma certo è che, da quando sono presidente della Lazio, fatta esclusione di Juve, Inter e Milan abbiamo vinto più di chiunque altro in Italia”. 


Una frecciatina alla Roma?
 “No, è una constatazione: basta contare i trofei, due Coppe Italia, due Supercoppe. Poi magari qualcuno ha vinto la Coppa delle Fiere...”. 


Vede che ce l’ha con la Roma. A proposito, loro sono molto avanti con lo stadio, voi?
 “Sono stato il primo più di quindici anni fa ad evidenziare la necessità di costruire nuovi stadi. Il principio deve valere per tutti. Che facciamo, guelfi e ghibellini? Se l’amministrazione consente di fare lo stadio ad una squadra, deve consentirlo anche all’altra. Se uno stadio è a ridosso  del Tevere allora non ci saranno problemi per chi lo realizza ad una distanza maggiore, o no?".


Ma il vostro progetto prevedeva costruzioni residenziali e la legge stadi nega la possibilità.
 “Un errore. La Juve lo ha capito: per aumentare i ricavi da stadio non bastano gli skybox, servono 20mila residenti in zona. Per questo nuovi stadi non ne fa nessuno altrimenti diventerebbero cattedrali nel deserto”. 


Ad oggi quali sono i suoi obiettivi da presidente?
 “Rompere l’assioma per cui più spendi, più vinci per il quale mi batto da sempre. Ci sono esempi recenti all’estero di outsider capaci di battere i colossi e gli amanti del calcio dovrebbero augurarselo tutti”.


Quindi sogna la Lazio come un Leicester italiano?
 “Il paragone non regge, la Lazio è stabilmente nell’elite del calcio italiano ed europeo. E’ mancata in alcune performance quest’anno, nonostante gli investimenti fatti”.


Ma i tifosi la criticano lo stesso.
 “Vede in estate ho acquistato calciatori e non ne ho venduto uno a cifre a cui nessuno al mondo avrebbe detto di no”. 


Il calciatore è Milinkovic, vero? Perché rifiutò?
 “Il nome non lo dico. Mi ero impegnato con l’allenatore a non cederlo. E l’offerta arrivò al penultimo giorno di mercato”.


Gli arbitri continuano a farla arrabbiare?
 “Altri presidenti parlano molto del tema, io no. Però mi pongo una domanda: secondo voi la mia squadra ad oggi è stata favorita o penalizzata?”.


Vi sono capitati episodi penalizzanti, lo scorso anno.
 “Mi sono costati 40 milioni di euro, senza Champions. Amo il calcio romantico, però oggi ci sono interessi importanti in ballo. Errare humanum est, sed perseverare diabolicum. Puoi sbagliare una volta, due, tre, quattro. Ma se sono ricorrenti voglio capire perché. Non credo alle coincidenze . 


Il Var ha aiutato il calcio italiano?
 “Sicuramente, qualche volta è stato condizionato il risultato. Ma oggi sbagliare è più difficile. Non condivido quando qualcuno non se ne avvale, non è uno strumento alternativo, ma di supporto”. 


Per il derby ha delle scaramanzie?
 “Non sono scaramantico poiché essendo un cattolico praticante ed osservante sarebbe un ossimoro. Poi se porto un prete a Formello mi dicono che faccio l’esorcismo, se altri fanno benedire gli uffici da monsignor Fisichella va tutto bene... due pesi e due misure!".

Si dice che il calcio italiano lo controlli lei.
 “Il nostro è un mondo che va bonificato nell’interesse del sistema. Il consenso non te lo dà il fatturato, te lo danno gli altri. Io tutelo soprattutto i più deboli del calcio. Forse sono ascoltato perché dico cose sensate scevro da interessi personali: dicono gli altri che veda cinque anni avanti, altri vivono per il carpe diem e comunque non sono solo, ho dei colleghi con i quali condividiamo un percorso comune”.


Oggi la Figc deve fare i conti col problema razzismo. Lei ne sa qualcosa.
 “Dieci persone che a Siviglia fanno il saluto romano non possono condizionare il giudizio su una società che fa prevenzione, attività contro il bullismo, azioni per educate a comportamenti di lealtà non solo sportiva, andando nelle scuole, vicino ai più deboli, che si batte per l’affermazione dei valori autentici. Comportamenti individuali non possono ricadere sulla società e su ina comunità sana e perbene”. 


Forse però è mancata una condanna da parte della società.
 “Per la Cassazione, il saluto romano non ha quel tipo di connotazione che gli si vuol dare se non è accompagnato da un contesto evocativo del Ventennio. Come fate a criminalizzare una società, un popolo? Sono stato anche in Figc: che devo fare di più?”.


A proposito della Figc, è tornato in consiglio federale.
 “Con Tavecchio mi massacrarono per una felpa con la scritta Italia, ma me la fece dare lui dal magazziniere perché pioveva. Insieme abbiamo fatto importanti riforme: la norma sulla proprietà che obbligava ad avere certificati bancari su solidità e provenienza dei fondi. Anche se mi pare che la applichino poco. La Var chi l’ha voluta? La Goal line?”.


Ne trasse anche qualche beneficio: la deroga per tenere sia Lazio che Salernitana.
 “Non è così! La Salernitana la presi in Serie D, ed era permesso averne. Ho vinto la D, la C2, la C1, la supercoppa di lega e la coppa italia. Se cresci per merito sportivo, mantieni la proprietà, ma se la Salernitana salisse in A dovrei prendere una decisione, non ci stanno favori”.


E quale sceglierebbe?
 “Non mi fascio la testa prima di rompermela”.

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