Autore Topic: Lazio - Roma, la Top 11 che ha "segnato" il derby: da Chinaglia a Lulic  (Letto 362 volte)

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                           È un’impresa ardua comporre l’undici da derby perfetto. Chi scegliere e chi lasciare fuori, difficile. Chiudendo un attimo gli occhi, però, scorrono le immagini più eroiche, i volti che hanno segnato momenti indelebili della storia della Lazio. E allora in un 4-3-3 possiamo racchiudere gli uomini che più di altri hanno lasciato un ricordo memorabile nel derby contro la Roma.



MARCHEGIANI IN PORTA - Tra i pali va lui, l’ultimo portiere in grado di parere un rigore alla Roma: Luca Marchegiani. Intuì il 6 marzo 1994 quello calciato da Giannini sotto la Sud, tuffandosi sulla propria destra e intercettando il tiro. Una parata dal valore immenso dato che la Lazio vinse 1-0 (gol di Signori fra la nebbia dei fumogeni) quella partita.







GOTTARDI TERZINO DESTRO - Non sarà stato esempio di qualità e tecnica, ma il compito di un terzino è essenzialmente quello di spingere macinando chilometri. Guerino Gottardi lo faceva e qualche volta gli capitava pure di finire in zona gol. Nel derby di ritorno di Coppa Italia del 21 gennaio 1998, che dava l’accesso alle semifinali (l’andata era finita 4-1 in “casa” della Lazio), si trovò lanciato verso la porta di Konsel e con un diagonale chirurgico infilò il gol del 2-1. Dall’altra parte del Tevere quella rete, solo a ripensarci, ancora fa male.







ODDI-WILSON IN MEZZO - Non c’è Oddi senza Wilson e viceversa, una coppia inscindibile che trovava la sua forza nell’intesa. La Lazio scudettata del ’74 doveva tanto a quei due lì, sempre attenti, pronti, con gli occhi fissi sul diretto avversario. Per conferma chiedere ai vari giallorossi Pierino Prati, Valerio Spadoni, Angelo Orazi etc etc., che in quegli anni faticavano contro le marcature ferree dei due biancocelesti.







BEHRAMI TERZINO SINISTRO - Tempi più recenti. Valon Behrami poteva giocare terzino destro, sinistro oppure alto a centrocampo, non faceva differenza. Nei ricordi dei laziali c’è un gesto incancellabile: “testa e cuore” urlato da Valon dopo il gol del 3-2 al 92’ nel derby di campionato del 19 marzo 2008. Chi se la scorda quella corsa sotto la Curva Nord alla quale partecipò pure Delio Rossi per un abbraccio collettivo col popolo laziale.







GASCOIGNE REGISTA - Aveva sicuramente i piedi per farlo, un po’ meno il senso del ruolo. Ma in una formazione dove non si guarda alla tattica e si segue solo il cuore, Paul Gascoigne non può non essere preso in considerazione. La follia allo stato puro unita all’eleganza, la combinazione perfetta che lo spinse in cielo su quel cross di Signori in area per colpire quell’ultimo pallone del derby del 29 novembre 1992. Un pareggio raggiunto col fiato in gola, quasi all’ultimo respiro. Solo un pazzo come Gazza poteva dare quella gioia alla Lazio.







LULIC MEZZALA DESTRA - Serve spiegare perché Senad Lulic entra di diritto nella Top 11 dei derby? No. Il 26 maggio 2013, la coppa in faccia, il minuto 71 dicono tutto, raccontano una giornata irripetibile, il massimo momento d’estasi raggiunto dal tifoso della Lazio. E il massimo sconforto vissuto dai giallorossi. Semplicemente il gol della vita, della storia.







MAURI MEZZALA SINISTRA - Lo schieriamo opposto a Lulic, così sfruttiamo il suo delicato mancino che spesso assisteva gli attaccanti. Stefano Mauri di derby ne ha giocati e ne ha anche decisi, una vera spina nel fianco della stracittadina. Alla Roma ha segnato in carriera tre volte e in due occasioni poi la Lazio ha vinto: la spaccata vincente sul cross di Ledesma per il 2-1 il 4 marzo 2012, il piatto al volo per trasformare nell’1-0 l’assist al bacio di Felipe Anderson l’11 gennaio 2015 (finì 2-2 quel derby) e il collo destro col quale bucò Goicoecha. L’hanno sempre sofferto.







DI CANIO A DESTRA - In pochi sono riusciti a fare quello che ha fatto Paolo Di Canio al derby con la maglia della Lazio. Il 15 gennaio 1989 affondò la Roma segnando il gol vittoria e correndo con il dito puntato verso la Curva Sud, stile Chinaglia. 16 anni dopo riuscì a ripetere la storia: lancio di Liverani e destro al volo che impallinò Pellizzoli facendo scoppiare di gioia la Lazio. Ancora sotto la Sud, un’esultanza mai digerita dall’altra parte. Di Canio è il passato che ritorna e riapre ferite antiche.







KLOSE A SINISTRA - Lo defiliamo leggermente sulla sinistra, ma non lo togliamo dall’area di rigore, che era il suo regno. Tanto Miroslav Klose, generoso com’era in campo, giocherebbe pure in difesa. Era fenomenale nel ricavarsi spazio lì dove non ce n’era, nell’approfittare degli errori di difensori e portieri e nel concludere con una freddezza micidiale l’azione in gol. Un repertorio per pochi e che mise in mostra per segnare uno dei gol più pesanti nella storia dei derby a Roma. Il 16 ottobre 2011 decise la stracittadina colpendo a pochissimi secondi dalla fine del recupero, stoppando un pallone delizioso di Matuzalem e bruciando sul tempo tutta la difesa avversaria. L’apoteosi in un attimo. Ancora grazie, Miro.







CHINAGLIA AL CENTRO - Era capoccione, testardo e pure grosso e non ci siamo sentiti di privarlo del ruolo di prima punta. Mai far arrabbiare Giorgio Chinaglia. Gli diamo anche la fascia da capitano perché le qualità non si discutono, i gol li faceva a valanga e perché ci manca ancora tanto. Long John sta fiero sui poster dei bambini del ’74 che ora sono padri oppure nonni e che raccontano le sue gesta ai figli o ai nipoti. Raccontano di quel dito puntato verso la Curva Sud il 31 marzo 1974 dopo il gol del 2-1 alla Roma, della carica che trasmetteva e del gran carisma che portava. Dell’amore che aveva per la Lazio, per i suoi compagni e per il suo ‘Maestro’. Uno così non muore mai, sarà sempre al centro della Lazio.







         

         

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