Autore Topic: Laziomania: Lazio fuori, ma dentro le orecchie l'Olimpico ancora e ancora  (Letto 254 volte)

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di Luca Capriotti

Io odio uscire a testa alta. Lo odio: sento l'adrenalina, la forza di questo sport, lo stadio che romba, che trema, che chiede e pretende e prega. E devo poi scribacchiare come un corvaccio: la Lazio è uscita a testa alta. E lo so, lo sappiamo, lo sapete: è dannatamente vero. Ma dentro di me tutto si ribella, vorrebbe ancora giocare, ancora starci dentro, provarci, cozzare contro il muro del Porto che si è opposto in tutti i modi, con il corpo, di faccia, la traversa, il palo, la tecnica, gli sbeffeggi, i fallacci. E fino all'ultimo vorrei giocarmela ancora, e ancora. Credo che questa roba ancestrale sia il bello di questo sport: per 90' ho dimenticato le nausee di mia moglie, i bambini stanchi, la guerra, il lavoro, le tensioni, le scadenze, le bollette. Volevo solo vincere con la Lazio, con tutti voi. Sono contro il termine a testa alta, questo trucchetto lessicale, perché è una situazione ontologica che vivo dentro, è una roba che ho all'interno, nella parte più intima. Dove ci siamo solo io e voi, io e la Lazio, che ci proviamo ancora. 

L'ANALISI - E anche fare l'analisi è dura, ma devo perché è una parte del mio lavoro, e forse ve la devo: le 2 partite contro una squadra forte, che ha saputo rivoluzionarsi e rimanere forte, con un allenatore, il nostro Sergio Conceicao, dall'identità chiara, hanno dato una fotografia lusinghiera di questa Lazio. Ha vissuto di tutto in 2 partite: nervosismi, fallacci, sfortuna a palate, è stata presa a pallonate e ha fatto tremare le traverse e le midolla degli avversari. Ha rosicato e sofferto, gioito e sbagliato, ha corso per l'altro e ha fatto calcio di Sarri, quello vero, quello bello. E come un diavolo quel toscano in panchina ci ha guidato, adelante adelante, ci ha portato, ci ha dato una mentalità europea, che queste notti sono da vivere insieme.

E ci ha chiamato allo stadio e siamo andati, perché quando il comandante chiama, tutto un popolo sta imparando a rispondere. Poi vi devo l'analisi di una partita che in alcune parti ha visto una Lazio gigante, un po' depotenziata dagli ingressi di Hysaj e Cataldi, da un rigore prima non dato e poi concesso al VAR, da un gol nato da un errore tecnico di Pedro, dopo una partita di sacrificio e impegno che avrebbe meritato altro. Una parola chiave: avrebbe meritato altro Pedro, Luis Alberto che ha fatto uno sforzo immane per caricarsi la squadra, portarci avanti, ha fatto una gara sontuosa, ha preso una traversa che grida vendetta e ci ha provato fino all'ultima stilla di sudore e parole in spagnole poco carine nei confronti di un fato che ci ha sputato in faccia dall'inizio alla fine. 

I DETTAGLI  - 2 partite alla pari contro una squadra più forte e con più cambi hanno anche dimostrato che, quando il gioco si alza di livello, i dettagli che Sarri prepara in maniera così maniacale ti aiutano, e se li sbagli paghi. Erroretti di piazzamento all'andata e una sbavatura in uscita ti costano il posto in Europa. I dettagli, e quella variabile pazza e furibonda, quella componente di caso e nervi e tensione e umanità che rende così bello questo sport stavolta ci è andata di traverso. 

Questa squadra, al netto di qualche imperfezione, di una rosa magari troppo corta e di un po' di acciacchi e sfortune e altre cose tipo un arbitro che va a rivedere al VAR un contatto che live pensa non abbia alcun fondamento, salvo poi ritenere quella furbata un rigore, al netto dicevo di tutto questo questa squadra ha avuto nervi e coraggio e palle buone (anche senza buone) e anima, anima vera, quella che sempre i tifosi chiedono l'hanno versata in campo in abbondanza. E i meccanismi si vedono, la compattezza è acquisita, la forza di palleggio e le idee ci sono. La Lazio sbaglierà altre partite? Certo. Ma questa squadra l'anima ce l'ha, questo spogliatoio si è stretto e si è trovato e siamo noi, cavolo, guardiamoci ci siamo pure noi là, tra quelle quattro mura, su quel campo scivoloso. Ci siamo mentre lo stadio ruggisce, perché mancano 2 minuti, alla Lazio manca un gol e recupera palla, ruggisce e vuole ancora, e ancora, un ultimo sforzo ancora. Non è andata bene, quel tassello è mancato, fino all'ultimo la Lazio - a testa alta - ha onorato questa competizione con rispetto vero, da squadra vera, mi viene da dire da grande squadra. Ed ora, per Sarri, per noi, per questi ragazzi, lasciatemi dire: inizia un altro campionato. Da oggi, 25 febbraio, la Lazio si allenerà con maggior continuità, avrà un calendario fitto ma meno, avrà più tempo per parlarsi e giocare e provare. Fosse anche un'ora di tempo in più, sarà manna e delizia e Sarri la saprà far scendere dentro questi giocatori con tutta la sua carica umana e sportiva, con tutto il suo amore per questo dannatissimo sport. Che oggi ci raccoglie col cucchiaino, e dentro le orecchie l'intero Olimpico ancora trema, ancora ruggisce, vuole spostare il caso e l'arbitro e farci passare sopra tutto, tutti insieme, con questa squadra, con Maurizio Sarri. Dentro le orecchie ancora lo sento, tu?

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